Grande e scriteriato cabotaggio

Era la fine di luglio e si stava profilando un difficile rapporto fra governo italiano e Unione europea. Anziché prendere in mano la matassa piuttosto aggrovigliata e tentare pazientemente di dipanarla, il premier Giuseppe Conte corre a baciare la pantofola di Trump, nemico giurato dell’Europa unita e ne incassa gli imbarazzanti complimenti in materia di immigrazione, nonché la disponibilità ad istituire una sorta di asse privilegiato Usa-Italia per la gestione dei rapporti nel Mediterraneo. E l’Europa? Può attendere!

Il 23 ottobre, dopo un antipasto a base di scaramucce economico-finanziarie, arriva il primo indigesto piatto della formale bocciatura europea della manovra economica varata dal governo italiano. Le preoccupazioni sono molte e di molti. Il premier Conte non trova di meglio che fare una capatina a Mosca, andando a baciare un’altra pantofola, quella di un nemico della Ue, che soffre per le sanzioni impostegli in conseguenze della sua politica scorretta relativamente alle questioni dell’Ucraina e della Crimea. Qualcuno sospetta che Conte sia andato a batter cassa, a chiedere da parte russa l’acquisto dei titoli del debito pubblico italiano in crescente sofferenza di collocazione sui mercati anche in vista della fine ormai prossima del “quantitative easing” da parte della Bce. Non risulta che Putin abbia molti rubli a disposizione da spendere, alle prese com’è con una crisi economica pesante e con un sistema bancario che cade a pezzi. E allora? Forse Conte intende spaventare i partner europei inaugurando la politica dei tre forni a livello internazionale (Ue, Usa, Russia). Forse vuole diversificare il suo pacchetto politico, mettendo a frutto le simpatie grilline e leghiste verso Putin ed il suo “mafioso populismo”. Forse si candida a tessere una tela di collegamento fra le due superpotenze in vena di dialogare in modo oscuro e intrigante. Forse è alla ricerca di una tribuna importante per lanciare i suoi penultimatum alla Commissione Ue. E l’Europa? Può attendere!

Qui o si sta bluffando a più non posso o si sta sovvertendo la politica internazionale italiana. Se c’era qualcosa di sicuro e consolidato per il nostro Paese era la collocazione nell’area occidentale e nell’Europa, scelte storicamente rivelatesi azzeccate da tutti i punti di vista, adottate con dignità e relativa autonomia e mai rimesse in discussione. Se ci si azzarda a contestare questo ondivago comportamento, arrivano formali rassicurazioni, immediatamente smentite dai fatti e dalle scelte concrete. Della serie: noi intendiamo rimanere in Europa, ma ce ne freghiamo dei burocrati europei; noi pensiamo di rimanere saldamente nell’euro, ma ce ne freghiamo dei richiami al rispetto dei patti monetari; noi restiamo legati all’Occidente, ma strizziamo l’occhio a Putin perché ci piace il suo incipit populista; noi desideriamo un’Europa forte, ma  siamo vicinissimi a Trump che lavora per indebolirla; noi ci sentiamo inseriti nel sistema capitalistico occidentale, ma dei mercati finanziari ce ne facciamo un baffo.

Quando c’è il terremoto si consiglia di non precipitarsi giù dalle scale, ma di stare al coperto possibilmente sotto qualche solido riparo protettivo. La situazione mondiale è piuttosto terremotata dal punto di vista economico (siamo in crisi da dieci anni), dal punto di vista geopolitico (i fenomeni migratori tendono ad aumentare, il terrorismo impazza, i rapporti internazionali esplodono), dal punto di vista climatico e dell’inquinamento atmosferico (un disastro al giorno leva la tranquillità di torno), dal punto di vista politico (il sistema democratico è soggetto ad attacchi concentrici e le istituzioni sovranazionali traballano), dal punto di vista etico (i valori e i principi sono un optional), dal punto di vista della coesistenza pacifica (la terza guerra mondiale, come sostiene papa Francesco, è all’ordine del giorno). Ebbene, in questa drammatica contingenza, il governo italiano si muove a zig zag, scherza col fuoco, recita a soggetto. Vedrete…tutto andrà a meraviglia e, se per caso avremo sbagliato, ce ne andremo. Cosa dovrà mai succedere per acclarare il fallimento?