Il capo-classe nell’ultimo banco

Frequentavo la scuola elementare e riferivo in famiglia, come sono soliti fare i bambini, che il maestro chiamava alla lavagna un alunno per segnare i nomi dei compagni buoni e cattivi, si diceva e si scriveva proprio così, vale a dire per segnalare chi, magari durante la momentanea assenza del maestro, si comportava in modo più o meno indisciplinato. Era una prassi decisamente discutibile sul piano etico, educativo ed umano e mio padre, senza dirlo apertamente e, quindi, senza censurare direttamente la caduta di stile del maestro (peraltro bravo, aperto e moderno), mi consigliò, in modo pacato ma convincente, di opporre, nel caso mi fosse rivolto l’invito, il mio rifiuto a contribuire a quella sciocca schedatura dei compagni di classe. Rispondi educatamente così: “Signor maestro Le chiedo di poter rimanere al mio posto e, se possibile, di non avere questo incarico”. Si trattava di una piccola, bella e buona, obiezione di coscienza, volta ad evitare confusione di ruoli, a rispettare la dignità degli altri ragazzi, a rifiutare ogni e qualsiasi tentazione per forme più o meno velate di delazione. Capii  abbastanza bene il suggerimento paterno e non mancai di metterlo in pratica alla prima occasione: il maestro, persona molta intelligente, girò  in positivo il rifiuto di fronte alla classe,  quasi sicuramente capì che non si trattava di farina del mio sacco, trovò subito chi era disposto a sostituirmi, assorbì, è il caso di dire in modo magistrale, il colpo che non gli bastò per interrompere una prassi piuttosto generale, ma non per questo meno sbagliata e insulsa, probabilmente rifletté sull’accaduto: il risultato era stato raggiunto. Da mio padre s’intende. Non ricordo neanche se riferii l’accaduto, anche perché il fatto poteva considerarsi chiuso.

Ebbene, ho la netta impressione che attualmente al posto del ministro degli Interni ci sia un arcigno e pretenzioso capo-classe, capace solo di affibbiare malevoli patenti a destra e sinistra, ritenendo così di aver assolto il suo compito di mantenere l’ordine pubblico. Sulla lavagna di Matteo Salvini tra i cattivi vengono segnati tutti coloro che non sono d’accordo con lui, tra i buoni tutti quanti lo hanno votato e lo continuano scriteriatamente ad incensare. Come sempre succede però anche i più ignoranti e insulsi personaggi ogni tanto ne azzeccano una. Oltre alla lavagna Salvini si è dotato di un registro, il decreto sicurezza ed in esso ha l’intenzione di inserire una misura particolare per il mondo del calcio: «Ogni domenica migliaia di unità delle forze dell’ordine sono impegnate a gestire l’ordine pubblico e chi paga? Noi. Chiederemo alle società di calcio di destinare il 5-10% dell’incasso dei biglietti per la gestione dell’ordine pubblico. Non è giusto che siano gli italiani a pagare».

Finalmente un punto su cui sono perfettamente d’accordo con Salvini. Comincio a preoccuparmi. Forse però deve preoccuparsi anche lui, perché in Italia chi osa toccare il calcio, viene preso regolarmente e inesorabilmente a calci. E poi, lui frequenta assiduamente il bar sport, ne adotta gli schemi mentali, ne usa il linguaggio, ne ascolta gli umori. Stia attento perché questa potrebbero anche non perdonargliela. Una buccia di banana per il capo-classe relegato nell’ultimo banco.