I fiori mattarelliani della democrazia

“La democrazia è come un fiore, deve essere curata ogni giorno: basta dimenticarsene una volta perché appassisca e muoia”. È una frase di Shirin Ebadi, iraniana, prima donna musulmana a ricevere il Nobel per la pace a motivo del suo impegno per i diritti umani e a favore della democrazia. Il governo italiano ha purtroppo la memoria corta e se ne dimentica continuamente, anzi sembra fare di tutto per resettare la Costituzione italiana, al punto che il Presidente della Repubblica, con il suo solito garbo ma con perfetta tempestività, deve intervenire molto spesso per ristabilire, nella mentalità governativa e in quella corrente, l’ordine costituzionale.

“La nostra Costituzione consente di superare difficoltà e di garantire l’unità della società anche perché ha creato un sistema in cui nessuno, da solo, può avere troppo potere. C’è un sistema che si articola nella divisione dei poteri, nella previsione di autorità indipendenti, autorità che non sono dipendenti dagli organi politici ma che, dovendo governare aspetti tecnici, li governano prescindendo dalle scelte politiche, a garanzia di tutti”. È l’ennesima lezioncina di Sergio Mattarella., che sta diventando il più che opportuno “Bignami costituzionale” a fronte dei grossolani ed insistenti strafalcioni degli esponenti governativi, i quali vorrebbero ricondurre tutto il sistema sotto il loro diretto controllo e connettendolo in tutto e per tutto al voto popolare.

Quest’ultimo richiamo presidenziale ha inteso smorzare la polemica che ha investito prima Bankitalia e poi l’Ufficio parlamentare di bilancio e la Corte dei Conti: tutti avevano espresso perplessità sulla nuova legge di bilancio, le cui previsioni erano state giudicate irrealistiche, ma per questo erano subito partite le reprimende da parte di esponenti del governo, come il ministro Di Maio, che aveva invitato la Banca d’Italia a costituire una sua lista e a presentarsi alle elezioni.

Il sistema, da questi parvenu della politica e della democrazia, è considerato una sorta di ring elettorale in cui tutti si devono continuamente misurare. Non sei d’accordo con noi? Ebbene, raccogli i voti dal popolo e poi potrai parlare! Pensi che due più due faccia quattro? Lo vedremo dopo che avrai ottenuto il consenso elettorale dalla maggioranza dei cittadini. Cambiare la legge sulle pensioni comporta un aggravio del debito Inps dell’ordine di 100 miliardi? Il presidente dell’Istituto, allarmato in tal senso, se ne stia zitto e buono, anzi forse è meglio che si dimetta e scenda nell’agone politico! Noi andiamo avanti, non arretreremo neanche di un passo, ce ne freghiamo, abbiamo il consenso del popolo…

Ha un bel da fare il Capo dello Stato a spiegare che la magistratura è un potere indipendente dagli altri, che esistono autorità indipendenti dalla politica, che il potere concentrato e indiscusso può diventare dominio, che il sistema democratico deve garantire tutti e non solo la maggioranza, etc. Non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire. «Meno parlo, meglio è…» ha risposto, allargando le braccia, il ministro per gli Affari europei Paolo Savona a chi, all’uscita della Camera, gli chiedeva un commento al monito del Presidente della Repubblica. Ecco, appunto: parlate meno che potete e fate quello che potete.

Al riguardo ricordo un episodio a metà strada fra la cronaca e l’aneddoto: a un invadente e confusionario dipendente pubblico il suo superiore, stanco dei casini che questo impiegato, solerte ma incompetente, creava in continuazione, disse spietatamente: «Le ordino espressamente di non fare niente…se proprio non sa come far trascorrere il tempo, provvederò a mettere nel suo ufficio un divano: si corichi lì e dorma…». Peccato che non possa fare altrettanto il Capo dello Stato con alcuni esponenti del governo Conte: sarebbe una ben strana moral suasion, che darebbe tuttavia frutti immediati in tutti i sensi.