Non passa giorno che a turno gli esponenti del governo non scarichino sulla speculazione la colpa delle reazioni negative dei mercati finanziari alla manovra economica, che ormai sta prendendo corpo pur tra residue incertezze e discussioni. Che dietro e dentro le borse ci siano intenti e movimenti speculativi è la scoperta dell’acqua calda. Che la speculazione tenda a strumentalizzare ed influenzare, a volte in modo del tutto scorretto o ai limiti della legalità, a proprio uso e consumo gli andamenti economici e politici è altrettanto scontato e per certi versi inevitabile. Questa realtà non va esorcizzata perché non serve a niente, di essa bisogna prendere atto e occorre combatterla in positivo, cercando di governare in modo coerente e trasparente, togliendo ad essa il brodo di coltura in cui si alimenta e prolifera.
Se il governo adotta una politica scriteriatamente spendacciona non può pensare che chi investe sui titoli di Stato se ne stia tranquillo e sereno ad aspettare che il deficit di bilancio faccia schizzare in alto il debito pubblico e metta seri dubbi sulla capacità di farvi fronte. Se io presto denaro a una famiglia di amici e poi mi accorgo che queste persone spendono e spandono, non tanto per acquistare beni durevoli o per rispondere ad effettive e gravi necessità, ma per gozzovigliare al fine di buttare fumo negli occhi ad amici e conoscenti, intravedo che i loro debiti aumentano, comincio immediatamente a preoccuparmi e a dubitare sulla restituzione del prestito e mi guarderò bene dal concedere ulteriore fiducia, anzi metterò in guardia altri dal rischio eventuale. Può darsi che nel frattempo qualcuno giochi sporco e tenda a sfruttare la situazione pretendendo interessi altissimi sugli ulteriori prestiti e magari anche aspettando l’occasione per comprare a basso costo i gioielli e l’argenteria di famiglia. Ciò non significa che questi signori abbiano gestito e stiano gestendo bene le loro risorse e che tutto sia una montatura dei profittatori in agguato.
Che l’Unione Europea abbia esagerato nella politica del rigore pretendendo impegni eccessivi e prescrivendo terapie talmente invasive da compromettere la salute dei Paesi “malati” è la seconda scoperta, quella dell’acqua tiepida. All’egoismo dei Paesi forti non si può tuttavia contrapporre il pressapochismo ed il velleitarismo di quelli deboli. Così facendo e cicaleggiando si finisce col rendere implacabile l’atteggiamento dei partner più robusti dal punto di vista economico-finanziario e con l’aprire una deriva di reattiva prodigalità da parte dei soci più deboli.
Non vedo alternative ad un realistico anche se faticoso dialogo teso a convincere coi fatti che un’assennata ed equilibrata apertura finanziaria allo sviluppo possa aiutare a rimettere i conti a posto: in buona sostanza bisogna far capire che non si può respirare in una stanza limitandosi a far uscire qualcuno, ma occorre aprire, magari dischiudere appena, le finestre, altrimenti si muore tutti asfissiati. Purtroppo il governo italiano all’opzione equilibrata del dialogo costruttivo, sta preferendo la scelta arrogante del “me ne frego”, “a casa mia comando io”, “bisogna smantellare l’attuale impianto europeo” e amenità del genere. Gli attuali governanti del nostro Paese hanno scelto di spalancare le finestre e di urlare ed insolentire i vicini, rei di voler comandare nella casa altrui.
Insomma si vuole accreditare l’idea che i nostri guai dipendano dalle fameliche e burocratiche politiche europee e dalle fauci mercatali pronte a divorarci nascondendosi dietro lo spread, come il lupo con cappuccetto rosso assumendo le sembianze della nonna. La favola citata finisce bene, ma è una favola. Il governo italiano sta raccontando favole e bisogna dare atto che le sa raccontare bene o almeno che gli italiani ne escono affascinati e coinvolti. Ma quando le favole lasceranno il posto alla realtà…