La sobria vendetta di Juncker

Nella battaglia mediatica a distanza tra il governo italiano, Matteo Salvini in particolare, e i vertici dell’unione Europea, lo scontro dialettico più duro è sicuramente quello tra il nostro (?) ministro dell’Interno e il presidente della Commissione Ue, Jean-Claude Juncker. Non so se la scansione dei tempi sia esatta, ma sostanzialmente si è svolto come di seguito.

«Se l’Italia vuole un trattamento particolare supplementare, questo vorrebbe dire la fine dell’euro. Bisogna essere molto rigidi. L’Italia si allontana dagli obiettivi di bilancio, che abbiamo approvato insieme a livello europeo. Non vorrei che, dopo aver superato la crisi greca, ricadessimo nella stessa crisi con l’Italia»: così si è espresso Juncker all’indomani delle anticipazioni sulla manovra economica, esposte con un certo provocatorio trionfalismo dai maggiori esponenti del governo italiano. Dichiarazioni piuttosto preoccupate e preoccupanti, realisticamente giustificate e forse solo un po’ intempestive.

«Parlo con persone sobrie che non fanno paragoni che non stanno né in cielo né in terra», così il vice-premier e ministro dell’Interno, Matteo Salvini, ha risposto a una domanda sulle affermazioni di Juncker sopra riportate. «Se siamo una grande famiglia non ci sono figli di serie A e serie B – ha aggiunto Salvini – se qualcuno a Bruxelles straparla, magari per comprare sottocosto le nostre aziende usando lo spread e i mercati per intimorire qualcuno, ha trovato il Governo e il ministro sbagliato.

Dopo la provocazione lanciata sulla presunta passione alcolica del politico lussemburghese, il leader della Lega ha deciso di infilare nuovamente il coltello nella piaga invitando le persone a svolgere una ricerca su Google con le parole chiave “Juncker sobrio” o “Juncker barcollante”. I risultati, commenta Salvini, sono “impressionanti”. Poi è tornato sulla infinita polemica scoppiata, ricordando la provenienza di Juncker dal Lussemburgo, bollato stizzosamente come un “paradiso fiscale”. Insomma, un “tizio”, che ha fatto il ministro del suo piccolo Paese, sospettato da sempre di riciclare enormi somme di denaro più o meno sporco, non può dare lezioni a nessuno e, tantomeno governare 500 milioni di europei.

Non mi ha sorpreso la tracotante e vomitevole aggressività di Salvini: al bar o all’osteria tutto è concesso! Sono invece rimasto perplesso di fronte alla mancanza di reazione verbale da parte di Juncker. I casi sono due, anzi tre. Prima possibilità: il presidente della Commissione Europea è un fervido cristiano e mette in pratica l’opera di misericordia, che prevede di “sopportare pazientemente le persone moleste”. Non vorrei esagerare e santificare un po’ troppo questo personaggio. Seconda probabilità: l’alto esponente della nomenclatura europea potrebbe aver scelto il comportamento dei cortigiani del duca di Mantova nei confronti di Rigoletto, quando osa protestare clamorosamente per il rapimento e lo stupro della figlia. Si allontanano dicendo fra di loro: “Coi fanciulli e coi dementi spesso giova simular…”. Paragonare le paterne e giuste lamentele di Rigoletto alle scriteriate impuntature salviniane non mi sembra troppo convincente, così come mi pare piuttosto irriverente e ingeneroso assimilare Juncker ad un semplice e brutale cortigiano. Terza eventualità: Juncker, non ha risposto verbalmente per le rime, in quanto si riserva di rispondere coi fatti, facendola pagare con gli interessi a chi l’ha offeso, ma purtroppo facendola pagare a tutti gli italiani, leghisti e non. L’occasione, presto o tardi non gli mancherà e saranno guai seri.

Jean-Claude Juncker non è uno stinco di santo, delle sue pecche spiattellate sul tavolo nel momento meno adatto, si parla da tanto tempo. Pur prescindendo da ogni e qualsiasi argomentazione di carattere etico, di buona educazione e di correttezza, non capisco a cosa serva irritare così pesantemente lo scomodo interlocutore. C’è già fin troppa tensione: aggiungerne con spavalderia una cucchiaiata, tale da far traboccare il vaso, può essere divertente per gli amici del bar, ma assai poco produttivo sul piano dei rapporti politici. Se si scherza, tutto può essere ammissibile, ma lo scherzo è bello quando dura poco e qui invece sta tenendo banco da troppo tempo e non accenna a smorzarsi.

Resto sul discorso alcolico per richiamare una simpatica barzelletta di uno storico personaggio di Parma, Stopàj: questi, piuttosto alticcio, sale in autobus e, tonificato dall’alcool, trova il coraggio di dire impietosamente la verità in faccia ad un’altezzosa signora: «Mo sale che lè l’è brutta bombén!». La donna, colta in flagrante, sposta acidamente il discorso e risponde di getto: «E lu l’è imbariägh!». “Uno a uno”, si direbbe. Ma Stopaj va oltre e non si impressiona ribattendo: «Sì, mo a mi dmán la me pasäda!». Forse Juncker non lo ha detto, anche perché avrebbe dovuto ammettere un brutto difetto, che gli viene addebitato, ma probabilmente lo avrà pensato e starà sobriamente meditando la sua vendetta. Come si diceva, non gli mancherà l’occasione.