Me ne frego…no, mi preoccupo

“Stia tranquillo il Presidente…, e se Bruxelles dice no, me ne frego”: così in estrema sintesi la risposta di Matteo Salvini alle dichiarazioni di Sergio Mattarella sugli indirizzi governativi in materia economia. “Mattarella non deve preoccuparsi”: è quanto dice Luigi Di Maio dopo aver impropriamente festeggiato alla luce (?) delle linee contenute nel Def.

Nella mia classe avevo uno stupendo compagno di banco insieme al quale ho fatto tutto il cammino scolastico: era bravo, studioso, collaborativo, paziente, coraggioso. Era però piuttosto emotivo e, quando veniva interpellato dagli insegnanti, andava un po’ in agitazione. Agli altri compagni non pareva vero metterlo in qualche ulteriore difficoltà allorquando un professore chiedeva chi volesse leggere il brano oggetto della lezione: «… legge molto bene!». Poi, non contenti di averlo messo in imbarazzo, si rivolgevano a lui e lo infastidivano dicendo: «Su, mi raccomando, stai calmo…». E lui naturalmente si agitava ancor di più.

L’attuale Presidente della Repubblica è un uomo calmo ed estremamente equilibrato, non assomiglia caratterialmente affatto al mio compagno di cui sopra nel senso che non si fa certo impressionare ed agitare da provocazioni e censure. Infatti l’indomani dello scoprimento degli altarini economici del governo, l’ha presa su larga, ma è andato ben presto al sodo: «La Costituzione rappresenta la base e la garanzia della nostra libertà, della nostra democrazia. Detta le regole della nostra convivenza e indica i criteri per i comportamenti e le decisioni importanti, come quelle da assumere in questi giorni. Avere i conti pubblici solidi e in ordine è una condizione indispensabile di sicurezza sociale, soprattutto per i giovani e il loro futuro. Stiamo tutti insieme, come comunità, dentro la Costituzione. Essa all’articolo 97 dispone che occorre assicurare l’equilibrio di bilancio e la sostenibilità del debito pubblico per tutelare i risparmi dei nostri concittadini, le risorse per le famiglie e per le imprese, per difendere le pensioni, per rendere possibili interventi sociali concreti ed efficaci. La Costituzione è la nostra casa comune».

Le reazioni al suo intervento, da parte degli esponenti governativi, equivalgono, più o meno, ad una presuntuosa alzata di spalle, come quando, da adolescenti, si ironizza sulle raccomandazioni genitoriali, per poi accorgersi, a distanza di qualche tempo, che erano giuste e pentirsi amaramente di non averle ascoltate e seguite. Siamo ancora in tempo per recuperare un minimo di razionalità e di buon senso e Mattarella ci sta giustamente ed elegantemente provando, tentando di ricondurre la politica economica finanziaria ad un costruttivo tavolo di discussione e dialogo, togliendola dal ring allestito per un match di pugilato   economico-finanziario contro tutto e tutti.

Il mio indimenticabile compagno di banco era paziente e bravo, ma una volta successe un fatto particolare di stampo deamicisiano, che lo vide “grande” protagonista. In classe c’era un ragazzo molto buono e simpatico, un po’ infantile, che con il suo comportamento suscitava a volte una certa ilarità e si prestava a qualche presa in giro. Fin qui niente di grave, se non che questa situazione divenne preludio per un maldestro tentativo di bullismo morale. Un giorno infatti un altro compagno si rivolse a lui con una espressione a dir poco offensiva, stomachevole e inaccettabile da tutti i punti di vista. Il mio compagno di banco di cui sopra, piuttosto prestante dal punto di vista fisico e leale sul piano umano, non si fece scrupolo, ne prese le difese, ebbe il coraggio di insorgere platealmente, chiedendo al prepotente di ripetere l’offesa: «Dil a mi!», continuava a ripetere provocatoriamente. «Guarda c’ag stag a ruvinerom…» aggiunse. C’era in effetti da scatenare un putiferio a livello disciplinare, qualora si fosse arrivati allo scontro fisico. Ad un certo punto arrivò un altro compagno di classe in vena di fare da paciere e venne bruscamente allontanato dalla discussione. Era il momento delle maniere forti, che funzionarono: il bullo di turno arrivò persino a chiedere scusa. Il paciere mancato ammise la giustezza dell’atteggiamento duro. Episodi di quel genere, nella mia classe, non se ne verificarono più. Merito anche e soprattutto di chi aveva avuto il coraggio di affrontare la situazione a brutto muso.

Mi auguro che il Presidente della Repubblica non venga tirato a cimento e non sia costretto ad assumere atteggiamenti duri contro il bullismo governativo che si sta sempre più delineando. Ad estremi mali estremi rimedi. Giochiamo un attimo con le parole: il premier Conte potrebbe essere caldamente invitato a mettere i conti a posto. Un primo morbido avvertimento Mattarella glielo ha indirizzato. Speriamo che basti e che non occorra l’intervento delle autorità europee, sarebbe cosa sgradevole e foriera di preoccupanti conseguenze. Speriamo altresì che il Presidente della Repubblica ci pari il brutto colpo della sollevazione mercatale. “Se ne faranno una ragione”, dice Salvini in riferimento alle reazioni “stizzite” delle Borse. Tutti insomma dovrebbero farsi una ragione: che il governo italiano sta governando senza ragione.