Scimmiottando Macron

C’era un mio conoscente che aveva affibbiato alla moglie, con cui spesso bisticciava, un simpatico e significativo soprannome: “la Francia”.  La convivenza degli italiani con i cugini francesi e viceversa non è mai stata troppo facile e serena: ci si odia cordialmente. Ricordo come mia sorella, nella sua solita schiettezza di giudizio, una volta si lasciò andare e parlò di “quegli stronzoni di Francesi”: forse non sbagliava di molto.  In questi giorni la Francia è diventata improvvisamente un esempio da imitare.

Emmanuel Macron, anche e soprattutto per recuperare i consensi in caduta libera, ha preannunciato una manovra economica all’insegna della detassazione per i francesi e dello sfondamento del rapporto deficit/pil per l’Europa e i suoi rigorosi arbitri finanziari. Per i grillini, e forse per l’intero governo italiano, Macron da scomodo interlocutore è diventato un perfetto battistrada dialettico: se la Francia si permette di sforare i suoi parametri, chi siamo noi italiani per rimanere inchiodati ai nostri. Macron sì e Conte no? Ma vogliamo scherzare o stiamo scherzando!

La nostra “postura” all’interno dell’Unione Europea è simile a quella di certi alunni nella loro classe scolastica: siamo nell’ultimo banco, chiacchieriamo e disturbiamo a più non posso, snobbiamo le lezioni, non studiamo, non facciamo i compiti a casa, poi, quando viene il giorno delle interrogazioni e degli esami gridiamo all’ingiustizia e alle solite preferenze applicate agli alunni migliori. Ci dimentichiamo cioè dei voti meritati durante l’anno scolastico, delle pagelle periodiche, della condotta tenuta, degli sberleffi fatti agli insegnanti, dei litigi con i compagni.

Fuor di metafora il governo italiano vorrebbe scimmiottare quello francese senza avere alle spalle la stessa situazione economico-finanziaria. La Francia ha infatti un debito pubblico molto inferiore al nostro, ha un indice di crescita molto superiore a quello piuttosto striminzito dell’economia italiana, ha fatto da tempo certe riforme che noi tendiamo a rimettere in discussione, si può permettere sgravi fiscali finalizzando a ciò il maggior deficit rispetto a quello programmato, mentre il governo italiano sta farneticando di sforamenti per finanziare marchette socio-elettorali.

Sappiamo bene cosa successe a quel bambino che voleva imitare il pur maleducato papà in materia di pernacchie: se la fece addosso! Non possiamo picchiare penosamente i pugni sui tavoli europei e poi pretendere ascolto e comprensione. I francesi, politicamente parlando, sono piazzati meglio di noi, hanno coltivato alleanze produttive, hanno le carte (non certo tutte) in regola. Invece di tessere pazientemente rapporti e alleanze con chi guida l’Unione Europea strizziamo l’occhio a chi la vuole distruggere, invece di dialogare con la burocrazia europea non perdiamo occasione per “smerdarla”, invece di stare in Europa con i piedi ben piantati a terra teniamo un piede dentro e uno fuori (ci siamo dimenticati la querelle per mettere Paolo Savona al Mef? In Europa non l’hanno dimenticata, nonostante gli sforzi di Mattarella).

Adesso vorremmo che ci dessero credito: abbiamo la necessità di spendere e non abbiamo i fondi. Sarà una gara dura, anche perché l’esame non ce lo fa soltanto la Commissione Europea con i suoi alti funzionari, ma i mercati che ci osservano con molta perplessità e non si sa fino a quando saranno disposti a comprare i titoli del nostro debito pubblico. Al limite Juncker ed i suoi colleghi potrebbero anche sorvolare e darci una azzardata promozione o almeno un rinvio, ma poi arriverebbe la stangata mercatale. Succede così agli alunni che ottengono promozioni di favore per naufragare alla prima serie prova scolastica od extra-scolastica. Il simpatico burattino “Sandrone” veniva promosso “per via del bestiame”, vale a dire a furia di galline regalate alla maestra. Credo che le galline, nel caso italiano, non bastino: bisogna riformare il pollaio e cambiare l’allevatore.