Le Cassandre tra il mito troiano e la realtà italiana

Quando rifletto sulle frasi del cardinal Martini, mi viene spontaneo pensare che, da una parte sarebbe stato un papa gigantescamente innovatore, ma dall’altra forse troppo avanzato e avrebbe spiazzato tutti, anche perché aveva l’autorevolezza culturale, la preparazione biblica e teologica ed un carisma eccezionale per permettersi di dare forti e choccanti spinte innovative. Durante il conclave che lo vide candidato, la sua salute era purtroppo ormai minata, ebbe la lucidità di farsi da parte: si dice che il suo prematuro candidato di ripiego fosse Bergoglio, ma lui preferì cercare l’unità del collegio cardinalizio (i grandi sanno rinunciare a qualcosa per un fine superiore), ripiegando su Ratzinger e aderendo ad un compromesso, il cosiddetto “lodo Cantalamessa” dal nome del suo estensore (il predicatore della casa pontificia), bellissimo documento che ho avuto modo di leggere. Come prevedibile, Benedetto XVI non riuscì a tenere fede a quegli accordi e allora, ogni tanto, il cardinal Martini usciva allo scoperto con dichiarazioni e interviste, che richiamavano la Chiesa alla sua natura e funzione. Era un quasi anti-papa… Bergoglio ne riprende, solo in parte, l’eredità.

Anche se la vita della Chiesa ha una sua irripetibile specificità, mi viene spontaneo fare un parallelo tra gli interventi border line di Martini e quelli ancor più insistenti di Mattarella. Il Presidente della Repubblica ha varato correttamente un governo basato sul consenso elettorale, ma allo sbaraglio sul piano dei contenuti e degli accordi fra i due partiti che lo esprimono. Ha assolto un debito di correttezza istituzionale prendendo atto di una volontà popolare qualitativamente confusa ma quantitativamente indiscutibile, ora però la sua funzione di garante costituzionale gli impone di intervenire a difesa dei principi e dei valori ogniqualvolta il governo tende a sbandare, vuoi nei rapporti con la magistratura, vuoi in quelli con l’Europa, perfino in quelli con la stampa. Lo fa in punta di piedi, senza prendere di petto le velleità e gli spropositi di Tizio o Caio, con eleganza di stile e toni, ma con grande nettezza e convinzione sui contenuti. È quasi un anti-premier più che giustificato ed opportuno nel richiamare tutti al rispetto dei valori fondanti della nostra democrazia e delle scelte fondamentali della nostra storia repubblicana. Quante volte dico e penso: meno male che c’è Mattarella con tutta la sua credibilità ed esperienza a contenere le sfuriate di un governo allo sbaraglio.

In questi ultimi giorni il Capo dello Stato ha trovato una sponda nel monito di Mario Draghi ai governanti italiani sballottati in un assurdo mare di parole al vento nella delicatissima materia economico-finanziaria. Vale la pena riprenderle: “Le parole negli ultimi mesi sono cambiate più volte, ora stiamo aspettando i fatti. E i fatti sono la Legge di Bilancio. Abbiamo visto che le parole hanno fatto danni, i tassi sono saliti per famiglie e imprese”. Così appunto il presidente Bce Mario Draghi sull’Italia”. Non so se Mattarella e Draghi si consultino e concordino queste loro uscite, senza dubbio si parlano e condividono ansie e preoccupazioni. Confesso di sentirmi garantito e protetto dall’equilibrio e dalla saggezza di questi personaggi.

I loro interventi mi mettono però anche in ansia. Se il capo dello Stato, un giorno sì e l’altro pure si sente in dovere di intervenire per contenere le sbandate paurose del governo, se il presidente della Bce apre i suoi rubinetti come non mai per chiudere quelli di un logorroico stillicidio fanta-programmatico, vorrà dire qualcosa. Siamo in serio pericolo? Rischiamo di ritrovarci in Grecia dal punto di vista economico-finanziario e in Ungheria dal punto di vista dello Stato di diritto? Si avvicina il redde rationem, con gli italiani a sbattere la testa e il portafoglio contro una situazione disgraziata e rovinosa? Non credo che Mattarella e Draghi intendano fare le Cassandre di turno, anche se Cassandra era una profetessa che non veniva ascoltata, ma che ci “pigliava”.