Temiamo l’ira dei burloni

“Se vogliono toglierci tutto, lo possono fare. Noi abbiamo gli italiani con noi, facciano quello che credono”. Così il leader del Carroccio, Salvini, dopo la decisione del tribunale del Riesame di Genova, che ha accolto il ricorso della Procura sul sequestro dei fondi della Lega. “È una vicenda del passato, sono tranquillo – ha puntualizzato Salvini – gli avvocati faranno le loro scelte”.

“Temete l’ira dei giusti. Lavoro per la sicurezza degli italiani e mi indagano per sequestro di persona (30 anni di carcere), lavoro per cambiare l’Italia e l’Europa e mi bloccano tutti i conti correnti, per presunti errori di dieci anni fa. Se qualcuno pensa di fermarmi o spaventarmi ha capito male, io non mollo e lavoro con ancora più voglia. Sorridente e incazzato”. Così il vice-premier Matteo Salvini su Twitter.

Queste reiterate dichiarazioni si possono valutare i due modi: come sberleffi al sistema o come attacchi al sistema. “Lo sberleffo” è una smorfia o un gesto di derisione a cui generalmente si risponde con un altro sberleffo. Nel caso specifico si potrebbe controbattere a Salvini: anche noi siamo sorridenti e incazzati, anzi sorridenti e impietositi. L’attacco è altra cosa: un’azione offensiva che ha scopo distruttivo o, quanto meno, intimidatorio. Dall’attacco, in qualche modo, bisogna pur difendersi, non si può far finta di niente, perché potrebbe essere assai pericoloso.

Le dichiarazioni salviniane sono un condensato di sciocche ma rischiose boutade anti-sistema, meglio dire anti-democratiche. La Lega sarebbe al di sopra della legge e della giustizia in quanto dalla parte dei cittadini e quindi si ipotizza una netta dicotomia fra Stato e Popolo oppure, se si vuole, una coincidenza fra Stato e Lega. In secondo luogo la storia non conterebbe nulla: gli errori del passato vanno in prescrizione e non si pagano, la spugna leghista è più forte della memoria giudiziaria. In terzo luogo le regole di funzionamento della democrazia vengono ridotte a scontro tribale tra chi vuole cambiare e chi vuole conservare: una sorta di duello all’ultimo sangue politico.

Prima o poi questo signore si ridimensionerà.  Se la sono fatta addosso personaggi di ben altro spessore, quindi… Il problema però non è tanto di merito, quanto di metodo, non riguarda tanto parole in libera uscita, ma presupposti della coscienza democratica. Uso una metafora calcistica: un conto è andare tutti all’attacco con il supporto della tifoseria, un conto è giocare un campionato a propria misura con le regole fatte dai propri tifosi. Siamo a questo punto: non si tratta più di fisiologico qualunquismo da bar, né di stucchevole populismo da corrida. Il discorso si sta facendo delicatissimo, ogni giorno sempre più delicato, stiamo scivolando più o meno inconsapevolmente verso una caricatura della democrazia. Salvini finirà, probabilmente finirà male, ma lascerà dietro di sé un cumulo di macerie a livello di coscienza popolare, da cui ci vorrà del bello e del buono a riprendersi. Gli esperimenti nella vita si possono anche fare, gli errori si commettono, tutto si può sopportare meno che le scriteriate e impazzite fughe dalla realtà.

Un esperimento – probabilmente molti italiani si sono affidati a Salvini in tal senso – è la realizzazione di un’operazione empirica atta a confermare ipotesi o trovare leggi riguardanti un fenomeno per migliorarne la conoscenza o trovare soluzioni di miglioramento, non per spazzare via tutto gettando alle ortiche ogni e qualsiasi bussola. Mi auguro che questo progressivo innalzamento dell’asticella nel clima politico possa risvegliare finalmente un minimo di razionalità e dare una scossa al ravvedimento delle coscienze. Diversamente non riesco più a ridere, nemmeno a sorridere, forse nemmeno ad arrabbiarmi. Se qualcuno può muoversi e fare qualcosa lo faccia, prima che sia troppo tardi.