Parola d’ordine: pubblicizzare la privatizzazione

Ho difficoltà “ad accettare l’idea che il tema della sicurezza pubblica stradale sia rimesso nelle mani dei privati. La filosofia del nostro sistema vede oggi uno stato espropriato dei suoi poteri, una sorta di proprietario assenteista che ha abdicato al ruolo di garante della sicurezza”. Così il procuratore di Genova, Cozzi, titolare dell’inchiesta giudiziaria sul tragico evento genovese. “Credo che il crollo del ponte Morandi porti a ripensare tutta la materia” aggiunge ed infine afferma: “Cercheremo di capire quali sono esattamente i poteri degli organi di controllo del ministero”.

Il discorso, peraltro condivisibile in tutto o in parte, è comunque chiaramente di carattere politico: la tentazione della Magistratura alla supplenza, di fronte a situazioni gravemente carenti, si ripresenta periodicamente. Non so cosa ne pensi Sergio Mattarella, che presiede il Consiglio Superiore della Magistratura e che, il giorno dei funerali di Stato, si è intrattenuto a colloquio con questo procuratore di Genova.

Solo l’ultima affermazione, riguardante la verifica dei poteri di controllo e quindi la ricerca di eventuali responsabilità a livello ministeriale, appare pertinente, anche se in un simile momento sarebbe auspicabile un maggior riserbo ed evitabile una facile rincorsa al consenso. Se, come par di capire, il procuratore Cozzi intende richiamare gli organi dello Stato ad osservare scrupolosamente i loro compiti, sarebbe il caso che cominciasse lui a non invadere il campo altrui, creando confusione e buttando benzina sul fuoco dell’incendio politicamente divampato. Chi è senza peccato, scagli la prima pietra: vale anche per la magistratura, che non è esente da colpe, inadempienze e ritardi.

Se da una parte sento anch’io, come tutti i cittadini, la rabbia, vergogna e lo sconcerto per un evento gravissimo che lascia interdetti e bisognosi di chiarezza, dall’altra non sopporto il clima di caccia alle streghe scatenatosi sull’onda emotiva popolare. Quindi mi infastidisce particolarmente l’atteggiamento, politicamente censorio, di un giudice, che sembra più cercare di accattivarsi la simpatia della gente piuttosto che cercare di fare chiarezza e di trovare la verità sul piano giudiziario.

Non posso poi sottacere che il discorso della privatizzazione di beni e servizi pubblici ha tenuto banco per decenni: sembrava che privatizzare fosse il toccasana risolutore dei problemi. Adesso quasi tutti fanno retromarcia. In Italia, diceva il grande giornalista Guglielmo Zucconi, prestato per un certo periodo alla politica, siamo maestri del paradosso e si arrivano a teorizzano i servizi segreti pubblici. Forse qualcuno sta pensando alla privatizzazione pubblica.

Tra l’altro queste società private o anche miste pubblico-privato, che gestiscono tanti servizi, di nettezza urbana, di raccolta rifiuti, di manutenzione del verde, hanno livelli tali di autonomia da essere ormai fuori dalla portata dei comuni. Un tempo, come diceva un ex-amministratore di una azienda municipale, il sindaco, se vedeva una strada sporca, un quartiere degradato, poteva sollevare il telefono e chiedere conto. Oggi ci sono i manager, specialisti nel quadrare i bilanci in un modo molto semplice, prestare servizi carenti a fronte del pagamento di utenze sempre più costose. Così i cittadini pagano le tasse comunali e i compensi per determinati servizi e poi, se vogliono che il loro quartiere o i giardinetti sotto casa godano di un livello accettabile di pulizia, alla domenica prendono una ramazza e un sacco per raccogliere le immondizie e vanno a fare gli straordinari. Il discorso può essere portato, a maggior ragione, anche sulla gestione e manutenzione delle grandi opere.