C’è fede religiosa e fede democratica

Ho seguito televisivamente i funerali delle vittime del drammatico crollo del ponte Morandi di Genova. Il clima composto ma partecipe incuteva rispetto e provocava emozione. Personalmente mi sono commosso di fronte a due momenti e due aspetti della celebrazione: quello della fede religiosa e quello della fede nella democrazia.

Quando il cardinal Bagnasco ha benedetto e incensato le bare, due gesti semplici ma profondi e significativi, è scoppiato un applauso: ebbene sì, finalmente si esprimeva l’adesione personale e comunitaria al vero e unico riferimento capace di dare un senso alla morte, financo alla morte così assurda e terribile. La fede non è un fatto meramente consolatorio, è la verità che pone la vita oltre la vita, che rende omaggio sostanziale alle spoglie del corpo mortale destinato a trasformarsi in un corpo glorioso.

Quando qualcuno definiva assurda ed illusoria la risposta della religione cattolica ai misteri della vita, della morte e dell’aldilà, mio padre era solito rispondere: “Catni vùnna ti !!!”.    In queste tre parole, combinate in una battuta polemica, troviamo in estrema sintesi il rapporto tra mio padre e la religione. Le avrebbe ripetute a chi avesse mai pensato di ritenere un rito inutile quello celebrato a Genova: forse saranno state inutili le infinite parole dei commentatori, ma la risposta della fede alle disgrazie non è certamente da vivere con laicistica supponenza.

Sul perché possano succedere questi eventi la fede cristiana non dà risposte, si limita a collocarli nella logica evangelica di un Gesù, che ha riassunto in sé tutte le sofferenze facendone un passaggio misterioso ma salvifico. “In quel tempo si presentarono alcuni a riferire a Gesù il fatto di quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere insieme a quello dei loro sacrifici. Prendendo la parola Gesù rispose: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subito tale sorte? No, vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. O quei diciotto, sopra i quali rovinò la torre di Siloe e li uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo»”.

C’è un’altra fede, che deve essere professata davanti alle vittime di questi eventi disastrosi: la fede laica nella democrazia. La presenza, sempre così discreta e umile, del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, aveva, almeno per me, questo significato: anche di fronte a fatti sconvolgenti, che mettono in evidenza eventuali carenze, limiti, errori, ritardi e colpe di chi svolge funzioni politiche, sociali ed economiche, deve rimanere salda la fiducia nelle Istituzioni democratiche al di là di ogni tentativo di metterle strumentalmente in discussione assieme ai protagonisti passati e presenti. Niente a che fare col diritto di critica, con la ricerca delle responsabilità e dei colpevoli di eventuali reati. Posso permettermi di parafrasare laicamente e politicamente il succitato passo evangelico? “Credete che la politica sia responsabile tout court dei morti di Genova? No, vi dico, ma se non cambierete il modo di fare politica, porterete allo sfascio la società democratica».