L’uva acerba e i denti dei cognati

Il profeta Ezechiele riporta questo solenne pronunciamento divino: “I padri hanno mangiato uva acerba e i denti dei figli si sono allegati?”. Com’è vero che io vivo, oracolo del Signore Dio, voi non ripeterete più questo proverbio in Israele». Chi avrà la pazienza di leggere questo commentino ai “fatti del giorno”, non pensi di avere sbagliato rubrica e di essere incappato nelle mie riflessioni contenute nel “religioso silenzio”. Penso di non correre il rischio di mischiare il sacro col profano, non sono infatti un integralista cattolico e quindi non tendo mai ad applicare compiutamente i principi religiosi alla vita politica, economica e sociale della collettività.

Sono partito dalla Bibbia solo per dimostrare come già nel settimo secolo avanti Cristo fosse stata messa in discussione, da fonte piuttosto autorevole, la regola secondo cui le colpe dei padri ricadono sui figli. Questa tentazione per la verità non è mai venuta meno e riaffiora in modo strumentale per giudicare personaggi pubblici tramite il censurabile comportamento di loro famigliari e parenti più o meno stretti. In questi giorni sta capitando a Matteo Renzi di essere squalificato di sponda, in base a presunti reati commessi dal cognato e da due fratelli del cognato: siamo addirittura in linea collaterale, ma, quando si vuole buttare fango, tutto fa brodo.

Cosa avrebbero combinato questi soggetti? L’inchiesta avviata da tempo si basa sull’ipotesi di riciclaggio e appropriazione indebita di fondi raccolti a livello benefico, in qualità di fiduciari di Unicef e altre organizzazioni umanitarie, che dovevano andare a sostenere progetti per i bambini africani, invece in buona parte transitati da conti intestati a queste persone e dirottati su investimenti immobiliari e societari, compreso l’acquisto di quote di una società riconducibile alla famiglia Renzi. L’inchiesta sarebbe bloccata in attesa delle eventuali denunce da parte di Unicef, senza le quali non si potrebbe comunque procedere a carico dei responsabili.

Si impongono due serie considerazioni. Innanzitutto bisognerebbe, prima di criminalizzare le persone, attendere l’esito delle inchieste e degli eventuali procedimenti giudiziari. Si dice sempre che occorre rispettare le sentenze, ma in questo caso di sentenze non c’è nemmeno l’aria. Certo gli eventuali reati sarebbero oltremodo gravi, odiosi e vergognosi. Si faccia dunque chiarezza e si vada fino in fondo per scoprire la verità senza mettere nessuno preventivamente alla gogna.

L’aspetto più delicato riguarda però le manciate di fango preventivo che vengono lanciate contro Matteo Renzi, colpevole di essere il cognato di un eventuale colpevole: due colpevolezze inesistenti, quella a monte del cognato e dei suoi fratelli ancora tutta da dimostrare, quella a valle, umanamente, giuridicamente e politicamente irrilevante. Siamo al proverbio di cui sopra riveduto e scorretto: “I cognati hanno mangiato uva acerba e i denti dei cognati si sono allegati”. Se volete, possiamo anche dire che le colpe ricadono di cognato in cognato. Non sarà il caso di darci un taglio con questi processi sommari e con queste colpevolizzazioni allargate? Non mi si dica che così facendo si serve la verità. Sono propenso a pensare che con questi falsi ed opportunistici rigorismi si serva il qualunquismo, si contribuisca a gettare indiscriminatamente fango sulla politica ed a fornire splendidi assist ai qualunquisti in cerca d’autore. Sputtana oggi, sputtana domani, mi pare che a puttane rischi di andare la democrazia.

Certo sarebbe opportuno ed auspicabile che chi ricopre cariche pubbliche fosse molto attento a tutti gli eventuali addentellati famigliari, parentali ed amicali. La prudenza non è mai troppa, gli interessi privati possono essere sempre in agguato.  Risulta che Enrico Berlinguer fosse pregiudizialmente contrario alla carriera giornalistica in Rai della figlia Bianca: diranno, vero o no che sia, che ti ho raccomandato e non sarà un bene per nessuno. Scrupoli eccessivi di politici di altro livello etico? Forse sì. Sandro Pertini non voleva nemmeno che sua madre chiedesse la grazia a Mussolini per farlo uscire di prigione. Indro Montanelli, quando giudicava un politico, partiva dalla verifica sulla sua consistenza patrimoniale: non si è arricchito, non ha approfittato della sua carica, è già molto! Marco Travaglio, che si considera un discepolo giornalistico di Montanelli, applica questa procedura in senso assoluto: un politico deve per forza essere corrotto o corruttibile e quindi…