I gufi pentastellati e la rondine leghista

C’è un filo che lega la politica degli ultimi venticinque anni e che può effettivamente giustificare la vuota definizione di fine della prima repubblica e nascita della seconda e della terza. Fino all’inizio degli anni novanta del secolo scorso, bene o male, la politica era riuscita a governare la situazione economica e sociale: in mezzo a contraddizioni ed errori, il primato della politica aveva mantenuto la sua ragion d’essere; la vita del Paese era stata scandita dagli equilibri politici, dalla costituente al centrismo, dal centro-sinistra al compromesso storico, dal pentapartito alla solidarietà nazionale. La progressiva degenerazione dei rapporti tra politica ed affari portò i partiti nel limbo del sistema delle tangenti, giustificato dalla copertura dei costi enormi, che la mediatizzazione del consenso andava via via sempre più imponendo. Dal limbo si cadde nelle fiamme dell’inferno.

Con Silvio Berlusconi gli affari si fecero politica e venne ad abitare in mezzo a noi il conflitto d’interessi fatto sistema o addirittura regime. Dopo l’incantamento e la fascinazione iniziali, la perdita di mordente della politica a favore degli interessi economici privati, di parte, per non dire addirittura personali, ha portato gradualmente alla sfiducia della gente, buttata in pasto all’inevitabile qualunquismo protestatario. La sinistra ha la grave responsabilità di non essere riuscita ad interrompere e invertire la tendenza.  E qui, se proprio vogliamo, finisce la seconda repubblica, sostanzialmente riconducibile al berlusconismo.

Con il movimento cinque stelle (il grillismo) e la nuova Lega (il salvinismo), il qualunquismo si fa politica e viene ad abitare in mezzo a noi l’antipolitica. E, se proprio vogliamo, si tratta della terza repubblica. I problemi vengono impostati e (non) affrontati in chiave radical-barista. Facciamo qualche esempio. Immigrazione: è finita la pacchia per i disperati, se ne tornino al loro paesello e non ci rompano i coglioni. Europa: basta con i poteri forti dell’eurocrazia, riprendiamoci il nostro spazio e creiamoci una via di fuga. Sicurezza: armiamoci e partite. Povertà: diamo in omaggio le bombole di ossigeno a chi non riesce a respirare. Lavoro: un posto per ogni cittadino e ogni cittadino al suo posto e, se qualcuno perde il posto, gli diamo la bombola di ossigeno di cui sopra. Grandi opere: la mangiatoia è finita, si chiudano certi colossali cantieri e prima di aprirne di nuovi ci si pensi dieci volte. Il rosario potrebbe continuare, ma la sostanza del discorso nuovo (?) mi sembra chiara.

Mi soffermo solo un attimo sulle grandi opere. E chi può dire che in passato non siano stati sprecati fondi pubblici per strutture inutili, per cattedrali nel deserto, per foraggiare tizio e caio, per manie di grandezza, per comprare voti, per avere tangenti, etc. etc.? Allora non facciamo più niente? Ci mettiamo sotto il letto, come il marito cornuto e mazziato per schivare gli improperi e le bastonate della moglie? Al reiterato e autoritario invito della moglie ad uscire dal penoso nascondiglio, egli, con un rigurgito di machismo, risponde: «Mi fagh cme no vôja e stag chi!». Non so se il ministro Toninelli, di fronte a Tav e Tap, intenda ficcarsi sotto il letto e se mediti seriamente di restarci o di venirne fuori con intenti politicamente bellicosi per bloccare tutto per il presente e magari anche per il futuro. Avrà certamente gli applausi di chi assimila pregiudizialmente la politica e le sue scelte alla corruzione o alla concussione. E poi?

Il sottosegretario ai Trasporti, Siri, della Lega, replicando alle parole del ministro Toninelli, il quale a tutti coloro che blaterano di Tav ha detto di mettersi l’anima in pace perché la mangiatoia è finita, ha affermato: «I soldi pubblici non si devono sprecare, ma le grandi opere si possono e si debbono fare, pretendendo che non ci siano sprechi. Fare la grande opera non significa alimentare una mangiatoia. Nel contratto di governo c’è scritto che avremmo ridiscusso l’opera, verificando costi e benefici ed è quello che stiamo facendo. Questo non significa uno stop». Un governante leghista che ragiona? Purtroppo una rondine non fa primavera politica e governativa.