Il Micro(Mega)scopio anti-bergogliano

Mi permetto, come spesso mi accade, di partire da una similitudine in linea con la musica ed il canto. Il grande tenore Carlo Bergonzi si cimentò con enorme successo in un disco dedicato a quasi tutte le arie verdiane per voce tenorile. Un bravo ma supponente critico, Giuseppe Pugliese per la precisione, si divertì a confrontare ogni singola aria cantata da Bergonzi con l’interpretazione migliore di tutta la storia del canto: i singoli tenori ne uscivano vincitori ed il povero Bergonzi, che se le era cantate tutte, dal drammatico al leggero, faceva la figura dell’interprete di serie B. Un’operazione critica assurda e paradossale.

Operazione analoga ha fatto l’autorevole rivista bimestrale MicroMega dedicando il numero 4/2018 a “POTERE VATICANO – La finta rivoluzione di papa Bergoglio”. Il corposo volume raccoglie tutte le critiche possibili ed immaginabili al papato bergogliano in relazione a diversi temi e vicende, che vedono coinvolto il Vaticano: la vicenda di Emanuela Orlandi, la costruzione della star “Francesco”, la pedofilia, le fobie della Chiesa, Dio e mammona, l’altro Francesco, conventi e seminari. Intendiamoci bene: si tratta di articoli e saggi di alto livello scientifico e culturale e le critiche in essi contenute sono plausibili. Tuttavia vengono strumentalizzate per demolire l’immagine e l’operato di papa Francesco. Sarebbe interessante farne una lettura pirandelliana a cui questo trattato si presterebbe. Si vuole vedere sempre e comunque il bicchiere mezzo vuoto, dimenticando che il papa in questione non è Gesù alle nozze di Cana, che trasforma miracolosamente e improvvisamente l’acqua in vino, ma un operaio della vigna che si fa su le maniche e cerca di cambiarla ed innovarla, anche profondamente. Ne consiglio comunque la impegnativa lettura.

Tutto sommato il filo conduttore delle critiche può essere sintetizzato nell’enorme difficoltà che papa Francesco incontra nel tradurre in termini strutturali le sue indubbie volontà “rivoluzionarie”. Per la verità, umanamente e storicamente parlando, tutte le rivoluzioni sono partite con le migliori intenzioni ed hanno incespicato o addirittura sono miseramente crollate sul piano della strutturazione. Quando si dice che la curia vaticana è un covo di vipere si dice una parziale verità, ma non si può pretendere che il papa con un colpo di bacchetta magica risolva la situazione eliminando tout court la curia o convertendo immediatamente tutti ad una mentalità di servizio evangelico. Occorre pazienza: a Gesù gli apostoli proponevano spesso di intervenire brutalmente per sradicare il male, ma Gesù prendeva tempo, lasciava crescere la zizzania rinviando la bonifica al momento del raccolto e per questo non lo possiamo certamente considerare un finto rivoluzionario, una star costruita in laboratorio o in sacrestia.

La Chiesa ha due dimensioni, che purtroppo, molto spesso, si trovano in grave contrasto: la dimensione istituzionale e quella comunitaria. Sulla seconda, vale a dire sulle coscienze dei credenti e sul loro impegno, l’opera di papa Francesco sta intervenendo e toccando nel vivo. Sulla prima il discorso è tutto in salita, le resistenze sono tante, le complicazioni infinite, le soluzioni assai difficili e complesse. Sono perfettamente d’accordo con chi teme che, se non si arriva a riformare le istituzioni, a mutare le strutture e le loro regole di funzionamento, il rischio restaurazione sia sempre in agguato e gli applausi possano diventare un paravento dietro cui ritornare a fare i propri comodi. Ebbene, lasciamo lavorare papa Francesco, non gufiamogli addosso, non sminuiamo aprioristicamente la sua opera. Ogni volta che lo ascolto, che ne osservo le iniziative, che ne leggo i pronunciamenti, che ne colgo lo stile, ammetto come sia effettivamente in atto un processo di forte e, per certi versi, incredibile rinnovamento. Sarà perché delle regole canoniche me ne son sempre fregato, sarà perché delle strutture ecclesiastiche ho sempre dubitato, sarà perché quando vado a confessarmi trovo Gesù che mi perdona e non il Sant’Uffizio che mi condanna, sarà perché nonostante tutto credo la Chiesa una, santa cattolica e apostolica, sarà per questi ed altri innominabili motivi racchiusi gelosamente nella mia coscienza che confido nell’opera di papa Francesco, anche se capisco come non dipenda tutto e solo da lui.

Come ho ripetutamente detto e scritto, la storica sera, in cui papa Francesco, appena eletto, si presentò, con atteggiamenti e simbologie rivoluzionari, sulla balconata di S. Pietro, ero davanti al video in compagnia di mia sorella Lucia. Eravamo entrambi convinti che fosse successo qualcosa di grande per la Chiesa cattolica. Questa volta lo Spirito Santo era arrivato in tempo. Io trattenevo con difficoltà le lacrime per l’emozione, Lucia era entusiasticamente propensa a cogliere finalmente il “nuovo” che si profilava. La situazione è ancora quella: papa Francesco, seppure in mezzo a tante difficoltà, sta tenendo fede alle speranze innescate. L’unica differenza rispetto a quella scena è che mia sorella non lo vede più dalla parte della Chiesa militante, ma dalla parte della Chiesa trionfante e sono sicuro che continuerà a ripetere quanto diceva nei primi mesi del pontificato bergogliano: era proprio ora!