La (s)comoda sottana di Mattarella

Quando da bambini, durante i giochi con i coetanei, si subiva qualche piccolo sopruso, si correva a lamentarsi e, se del caso, a piangere dalla mamma: lei sapeva consolarci, riparare i danni psicologici e fisici, bastava una sua carezza a rimettere tutto a posto. Queste infantili sceneggiate si chiamavano “pierinate”.

Quando l’esponente di qualche partito viene attaccato duramente dalla stampa o viene sottoposto ad inchiesta giudiziaria o addirittura condannato in giudizio, scatta il sacrosanto diritto alla difesa, ma in conseguenza della berlusconizzazione della politica, ci si difende dal processo e non nel processo, gridando al complotto, alla manovra giudiziaria, alla gogna mediatica. Parte il vittimismo, psicologicamente e umanamente comprensibile, ma politicamente inaccettabile.

Come ha recentemente e opportunamente ammesso Massimo Cacciari, la stampa, i media in genere, gli intellettuali, hanno indubbiamente esagerato negli attacchi al malcostume politico, facendo d’ogni erba un fascio e finendo con lo squalificare non solo una certa cattiva politica ma tutta la politica. Bisogna andare pertanto adagio prima di prendere per oro colato il giustizialismo mediatico: gli esempi sono tanti, basta rinfrescarsi la memoria. Questa gara allo sputtanamento della politica ha portato alla qualunquistica e inconcludente anti politica in cui siamo malauguratamente immersi fino al collo.

Anche l’operato degli organismi investigativi, della magistratura inquirente, requirente e giudicante non sono esenti da colpe, da errori anche clamorosi, da interferenze più o meno dirette nel gioco politico.  Di Giulio Andreotti si poteva e si può dire molto, non certo che abbia impostata la sua difesa dal processo, gettando sospetti e fango sui magistrati che lo hanno imputato e condannato non per un semplice abuso d’ufficio (a un amministratore pubblico rispettabile una contestazione di questo genere non può mancare), ma per omicidio e connivenza con la mafia.  Si è lungamente difeso nel processo, ne è uscito per il rotto della cuffia, ma comunque non ha mai gridato al complotto scaricando l’adrenalina sulla magistratura.

In questi ultimi giorni nell’occhio del ciclone c’è finita la Lega, peraltro a causa di un vecchio scandalo per appropriazione indebita e truffa ai danni dello Stato relativamente ai fondi pubblici erogati al partito. Sul banco degli imputati, peraltro condannati solo in primo grado, Bossi e il tesoriere della Lega al tempo della segreteria dell’Umberto. Questa vicenda giudiziaria era ben nota prima della recente consultazione elettorale e, a giudicare dai risultati, non ha avuto alcun effetto negativo sulla gente: ormai il cittadino medio non riesce più a distinguere, la sua sfiducia è generalizzata e tende a premiare chi la cavalca, nonostante sia magari invischiato come gli altri. In un certo senso successe con il paradossale avvento di Berlusconi nel dopo tangentopoli e continua a succedere.

Ora lo scandalo ha avuto un colpo di coda: la Corte di Cassazione ha disposto il sequestro cautelativo dei beni della Lega a copertura del danno recato allo Stato con l’utilizzo improprio o addirittura truffaldino delle somme avute in base all’allora vigente finanziamento pubblico dei partiti. Inutil precauzione o Barbiere di Siviglia? Fatto sta che comunque la cosa sta diventando un dramma (quasi) giocoso con tanto di ridicolo pianto leghista rivolto al presidente Mattarella sotto la cui sottana si pretenderebbe di trovare rifugio. Cosa dovrebbe fare il capo dello Stato non l’ho capito. Dovrebbe accarezzare, da buon papà o addirittura da dolce mammina, la testolina di Salvini, asciugargli le lacrime, rassicurarlo con un paterno “ci penso io” o regalargli un materno accenno “ai cattivoni di turno”? Dal momento che presiede il Consiglio Superiore della Magistratura dovrebbe immediatamente aprire un procedimento disciplinare contro i giudici, che hanno osato adottare provvedimenti invadenti e ingiustificati? Matteo Salvini è entrato nel potere esecutivo grazie soprattutto alla correttezza istituzionale di Mattarella, ma adesso cosa pretende da lui la grazia preventiva per ogni e qualsiasi reato ascrivibile alla storia della Lega? Lo lasci in santa pace, prima che possa pentirsi di avere “giustamente” consentito la nascita di questo governo a cui riserva tuttavia inevitabilmente qualche “tiratina d’orecchi di gran classe”.

In una partita di calcio in cui il Parma si giocava la promozione dalla serie C alla serie B, un segnalinee fece notare all’arbitro una piccolissima trasgressione obiettiva che portò all’annullamento del gol del pareggio da parte dell’Ancona: una di quelle trasgressioni che molto spesso possono passare inosservate. Ricordo che onestamente dal pubblico consigliavano il presidente del club crociato di mandare un prosciutto quale grazioso omaggio al correttissimo e zelante giudice di linea. Ebbene io consiglio a Matteo Salvini di smetterla con questa assurda manfrina giustificazionista: faccia un bel regalo a Mattarella consistente nel rispettarne il ruolo e le attribuzioni, contraccambi la correttezza e la finisca prima che anche il più sprovveduto dei suoi elettori possa capire il disastro incombente e pentirsi amaramente.