Opposizione accolta

Indipendentemente da tutto, chi ha a cuore gli interessi del Paese (la Patria la lasciamo a Fratelli d’Italia) dovrebbe preoccuparsi di un governo che governi e di un’opposizione che si opponga: il gioco democratico lo impone. Se quindi sono seriamente preoccupato per la tenuta democratico-istituzionale del governo di cambiamento, sono altrettanto ansioso di vedere profilarsi un’opposizione credibile che sappia offrire un’alternativa rispetto all’attuale, strana ma larga, maggioranza parlamentare.

L’unica possibilità al riguardo non la vedo certo nelle stizzose e nostalgiche reazioni di FdI o nelle stucchevoli e incoerenti amarezze berlusconiane: durante il dibattito sulla fiducia al governo Conte, Giorgia Meloni non ha saputo che propinare una puntuta lezioncina lessicale di sapore nazionalistico, mentre Mariastella Gelmini si è attaccata ad un evidente lapsus del presidente del consiglio, niente di più e niente di meno di un copione già scritto e peraltro mal recitato.

L’opposizione non può venire che dal Partito Democratico e lo ha dimostrato un nobile, deciso e serio intervento di Graziano Del Rio alla Camera dei Deputati: allo strisciante populismo dei partiti di maggioranza a cui Giuseppe Conte ha fatto l’eco governativa, l’esponente Pd ha contrapposto una visione democratica istituzionale, in quanto gli eletti  rappresentano il popolo operando all’interno delle Istituzioni e non bypassandole;  al pressapochismo del cambiamento improvvisato ha contrapposto una cultura di governo derivante dall’esperienza storica, fatta di errori ed omissioni, ma anche di conquiste civili e sociali; al confuso rimescolamento nella collocazione internazionale ha contrapposto la fedeltà ideale, fattiva e critica alle scelte occidentale ed europeista; alle promesse del “tutto e subito” di un rivoluzionarismo ingenuo e fuorviante ha contrapposto le prospettive di un paziente riformismo progressista.

Penso debba essere questo il taglio dell’opposizione, portata avanti da uomini credibili per la loro competenza e serietà. Il Pd esca dalla spasmodica ricerca di un nuovo leader a tutti i costi così come dalla colpevolizzazione della leadership uscente ed elettoralmente perdente. I leader non si improvvisano e se non emergono spontaneamente ci si deve affidare ad un lavoro costruttivo di gruppo: al Pd non mancano personaggi in grado di prender in mano la situazione e rilanciare il partito. Abbiano la pazienza e l’umiltà di procedere in tal senso, accantonando i protagonismi personali e le divisioni strumentali.

Il Partito Democratico abbandoni la sindrome del tradimento popolare e la smania di rianimare un’inesistente foresta con richiami anti-storici, riapra un dialogo con la gente e proponga soluzioni concrete sulla base dei valori che non mancano alla sinistra democratica e riformista. Si prenda tutto il tempo necessario, perché non sono credibili prospettive di ribaltamenti immediati ed emozionali dell’elettorato. Non si fermi alla polemica, anche se i motivi non mancherebbero; non si affidi alla piazza anche se la tentazione può essere forte; non giochi al tanto peggio tanto meglio, perché c’è già chi va paradossalmente in questa direzione da frettolose posizioni di potere; non cada nell’errore storico del purismo ideologico: non è certo il momento di spaccare il capello in quattro alla ricerca del tempo irrimediabilmente e colpevolmente perduto. Faccia l’opposizione e poi si vedrà…