Ucci ucci sento odor di fascistucci

Durante il filo diretto con gli ascoltatori, che Radio Popolare 99 – un’emittente radiofonica parmigiana degli anni settanta riconducibile alla sinistra extra-parlamentare –  teneva per ore e ore in compagnia di Feffirino Ghirarduzzi, un simpatico personaggio espressione della nostrana cultura popolare ed anti-clericale, chi osava contestare le filippiche contro il capitalismo dello stato clerico-fascista veniva immediatamente e seccamente bollato come amico del giaguaro: «Ti ho riconosciuto, sei un/una fascista…». Non intendo quindi (s)cadere nel vizio, tipico di un certo culturame dell’estrema sinistra, di esorcizzare l’avversario politico quale espressione riveduta e corretta del fascismo.

Bisogna tuttavia riconoscere che il popolo italiano non ha sviluppato a dovere gli anticorpi derivanti dalla devastante malattia patita nel ventennio: i motivi sono di carattere psicologico (rimane in noi la tentazione di sfogare nel pubblico le frustrazioni private), di tipo storico (la vera resistenza fu un fenomeno d’élite, divenne un fatto di popolo solo durante la guerra), di livello esistenziale (i fascisti ebbero il modo di riciclarsi, mentre le nuove generazioni non riescono a comprendere il pericolo tuttora latente), di carattere culturale (il fascismo non è stato adeguatamente studiato nella sua portata, ma frettolosamente archiviato).

È quindi giusto affermare solennemente, come avviene nel testo della Costituzione, che la Repubblica italiana è nata dalla Resistenza, ma bisognerebbe aggiungere che la Resistenza non deve finire mai. La nostra democrazia, ben strutturata e corazzata a livello istituzionale, soffre una certa debolezza sul piano politico. Si fa un gran parlare di prima, seconda, terza repubblica. Anche se queste schematiche catalogazioni della nostra storia recente lasciano il tempo che trovano, effettivamente il periodo che va dal varo della Costituzione fino a tangentopoli ha una sua connotazione: la democrazia alimentata e protetta dall’ideologia cattolica e da quella comunista, con la classe dirigente proveniente da queste due scuole di pensiero e di azione. Questo è stato l’ombrello protettivo contro ogni e qualsiasi risorgente fascismo, si chiamasse brigatismo nero o rosso, stragismo di stato o mafioso, golpismo militare o nostalgico, anticomunismo viscerale o spionistico, etc. etc.

Quando il sistema catto-comunista ha traballato sotto i colpi della corruzione dilagante, il popolo italiano è andato in confusione e si è affidato, mani e piedi, al primo venditore ambulante che passava: mi riferisco a Silvio Berlusconi ed al suo ventennio, peraltro forse non ancora completamente terminato. Il virus latente del fascismo riprese vigore mutando, come avviene per quelli impossibili da estirpare, le sue caratteristiche ed i suoi effetti. Proseguendo in questa spannometrica analisi storica, temo che, sostanzialmente esaurita la carica anti-democratica berlusconiana, passate, frettolosamente e senza lasciare tracce indelebili, le speranzose parentesi prodiana e renziana, forse stiamo rischiando di scivolare ancora una volta nel gorgo fascista senza accorgercene. La risorgente malattia assume i toni del moderno (?) populismo, del sempre accattivante sovranismo, del camaleontico nazionalismo, dello strisciante razzismo, del clericalismo senza clero, delle paure del diverso, del disagio sociale e del conseguente qualunquismo, della criminalizzazione dell’avversario, della estremizzazione dei toni e del linguaggio, delle scorciatoie di una fantomatica democrazia diretta. Il tutto truccato con improbabili aperture sociali, con l’illusoria fornitura di sicurezze impossibili, con la riproposizione di steccati anti-storici, con la coltivazione di egoismi di varia natura.

Penso di non essere il solo a intravedere questi pericoli e a temere l’ammiccamento, quasi inconsapevole, verso moderne derive autoritarie ben condite a livello comunicativo. Il governo giallo-verde assomiglia molto a una grigia giubilazione delle istituzioni democratiche e ad una sorda interpretazione delle ansie popolari. Qualcuno dirà che si tratta di allarmismi maniacali, sarà…ma sento una puzza, che mi ricorda quanto mio padre mi raccontava. Io infatti non sono in grado di ricordare quel che non ho vissuto, ma la memoria è fatta anche di educazione ricevuta.