I conti di Conte e le pisciate ministeriali

Si dice che Il curriculum del presidente del consiglio incaricato, il professor Giuseppe Conte, sarebbe (il condizionale è più che d’obbligo) gonfiato con la partecipazione a fantomatici corsi universitari: in molti si sono scandalizzati, personalmente mi sono soltanto impietosito. Ammesso e non concesso che il nuovo premier abbia un tantino esagerato con le sue credenziali, da una parte la cosa fa tenerezza (roba da studentelli qualsiasi), dall’altra suscita la voglia di buttarla in ridere, o meglio di fare un po’ di sana ironia.

Vista la sua vena di prestigiatore/giocoliere forse avrebbe potuto sfogarla su un capitolo assai delicato e compromettente della sua futura azione governativa: avrebbe cioè dovuto inventare un particolare titolo di studio, la specializzazione nella quadratura del cerchio dei conti pubblici. Gli servirebbe molto più dei roboanti diplomi accumulati girovagando per le scuole e le università di mezzo mondo. Il programma che i suoi referenti politici gli stanno mettendo in mano è una patata bollente con la quale Conte rischia di scottarsi le dita: trovare oltre 100 miliardi di euro per coprire il libro dei sogni dell’imbambolamento degli italiani. Avrà a disposizione una coperta piuttosto corta con cui coprire i conti pubblici. Se la tirerà dalla parte dell’Europa, chiedendo ad essa deroghe e sforature, scoprirà i piedi degli italiani, che si troveranno impoveriti dall’andamento dei mercati finanziari; se la tirerà dalla parte del bilancio dello Stato, tagliando spese e promesse, scoprirà gli altarini dei suoi sponsor, che si troveranno costretti a rimangiarsi tutte le parole sparate alla viva il parroco.

Sembra ci sia pronto per lui un ministro che sa il fatto suo. Anche a lui non manca il curriculum, ma ha un piccolo difetto: non crede nell’Europa e soprattutto nell’Euro e ha un pessimo approccio con la Germania (roba a fronte della quale i geroglifici berlusconiani sul deretano di Angela Merkel sembrano languide carezze). Si chiama Paolo Savona: ha fatto di tutto un po’; se a Conte fa difetto l’esperienza politica, a lui manca la presentabilità europea. Come inizio non c’è male. All’esperto di storia nonché commentatore politico Paolo Mieli è stato chiesto: può l’Italia permettersi il lusso di inviare a Bruxelles un ministro dell’economia in rotta di collisione teorico/pratica con la Germania? La risposta, peraltro piuttosto scontata, è stata un secco e perentorio “no”. Io mi permetto di andare oltre: non vorrei che questi personaggi allo sbando finissero col rompere i coglioni anche a Mario Draghi, trascinandolo in una spaventosa deriva anti-italiana. Sarebbe la ciliegina sovranista sulla torta populista.

A proposito di Conte, qualcuno (Marco Travaglio per non fare nomi), barcamenandosi tra lo scandalismo sul curriculum e la comprensione verso il neofita, lo ha assimilato a Ciampi, Berlusconi, Dini, Prodi e Monti per dimostrare come anche costoro fossero dei novizi della politica. Mal comune mezzo gaudio. Travaglio sarebbe meglio che tornasse a fare il giornalista come gli ha insegnato Indro Montanelli, abbandonando la presunzione di essere un alto stratega della politica italiana. Ciampi era stato governatore della Banca d’Italia, Dini direttore dello stesso Istituto, Prodi presidente dell’Iri, Monti commissario europeo: carichette di seconda mano, stando all’analisi di Travaglio. Quanto a Berlusconi, lasciamo perdere…

Paolo Savona sarebbe il vero e choccante cambiamento del nuovo governo. Mi sovviene un episodio della fine degli anni sessanta. Anche nella Chiesa vi erano fermenti e venti di protesta. Nella mia parrocchia doveva venire in visita pastorale il vescovo e un velleitario   gruppo di giovani si poneva il problema di presentargli un segno provocatorio, una forte richiesta di innovazione, una spregiudicata manifestazione di novità. Il parroco, alquanto preoccupato della situazione, dopo avere ascoltato le deliranti idee di quei simpatici giovani, non seppe resistere e consigliò loro di fare una bella pisciata collettiva di fronte al vescovo. Più provocatoria di così! Ebbene, speriamo che a nessuno venga in mente di andare a pisciare ai summit europei e che Sergio Mattarella indossi il camice dell’urologo ed eviti simili eventualità.