Molti nemici, molto (dis)onore

Il regime fascista usava parecchi slogan per accalappiare il consenso popolare. Uno di questi diceva paradossalmente: “Molti nemici, molto onore”. Questa frase, che per la verità può essere interpretata in vario modo, per il fascismo voleva significare come la politica della fermezza, portata fino alle estreme conseguenze, paghi anche se rischia l’isolamento. Siamo all’opposto della coesistenza pacifica, una sorta di celodurismo e bullismo internazionali tornati molto di moda tramite il trumpismo, il putinismo, il sovranismo, il populismo e tutti gli ismi del genere, che altro non sono se non l’applicazione dell’egoismo a livello nazionale.

La nascita del nuovo governo Lega/M5S sta coltivando un atteggiamento conflittuale nei confronti dell’Europa, improntato al rivendicazionismo, al risentimento, alla messa in discussione dei patti. Logicamente queste prese di posizione, tradotte in modo equivoco nel programma di governo, suscitano irritazione e preoccupazione nei partner europei e negli organismi dell’Unione. I pronunciamenti in tal senso, a loro volta, suscitano piccate reazioni italiane che li bollano come inaccettabili intromissioni, accrescono momentaneamente ed orgogliosamente il consenso e scuotono strumentalmente la pubblica opinione, ma alla lunga allontanano dal nostro Paese l’opinione pubblica europea, portandolo ad uno sterile e insensato isolamento.

I rapporti con l’Unione Europea possono essere impostati e vissuti in due modi: mostrando i muscoli, peraltro piuttosto flaccidi, per strappare, a dispetto dei santi, un rafforzamento della posizione italiana oppure partecipando con pazienza e convinzione alla vita delle istituzioni europee e cercando di rinegoziare eventuali nuovi equilibri, che aiutino l’Italia a risolvere i suoi problemi in un contesto di integrazione e collaborazione. Dal momento che nessuno può ritenersi autosufficiente, men che meno l’Italia, la strada è obbligata salvo esercitarsi in un demagogico duello senza capo né coda. È questa la principale incognita che accompagna la nascita del nuovo governo, alla luce dello “stranoto” euroscetticismo leghista e dell’inquietante cerchiobottismo pentastellato. Il contratto di governo non può che rispecchiare queste contraddizioni ed a nulla serve tranquillizzare al buio i partner europei; si sa benissimo che, quando l’interlocutore è agitato ed inquieto, è perfettamente inutile e addirittura controproducente invitarlo alla calma.

Abbiamo motivazioni e ragioni per essere critici: basti pensare all’inerzia europea sul problema dell’immigrazione, basti fare riferimento al rigorismo fine e a se stesso dei Paesi nordeuropei, al sussiego transalpino, al carrozzone burocratico invadente e prevaricante. Non sono sufficienti però a giustificare pericolose prese di distanza. Non è serio scaricare provocatoriamente sui conti pubblici le impraticabili promesse elettorali. Se si comporteranno così, non so quanta credibilità avranno i futuri governanti italiani quando si siederanno ai tavoli europei, da non snobbare o aggredire perché è su di essi che si gioca gran parte del nostro avvenire.

La parola prevalente a livello europeo verso il futuro governo è “preoccupazione”, soprattutto per l’eventuale inosservanza degli impegni assunti in materia di riequilibrio dei conti pubblici. Non saranno tutti stupidi o in mala fede coloro che lanciano questi allarmi. Potrà esserci un po’ di spocchia, ma sarebbe meglio rispondere con modestia e umiltà. Facciamoci molti amici, ci serviranno nel momento del bisogno e Dio sa quanto bisogno abbia l’Italia di essere aiutata.  Non ci serve un governo altero e presuntuoso, ma dignitoso e modesto, capace di collocare i nostri interessi in ambito europeo.