Gli elefanti in cristalleria

È inevitabile, almeno per me, fare collegamenti fra passato e presente, fra idealità e meschinità, fra le vette e i baratri della politica italiana. Manco a farlo apposta, proprio in questi giorni, si sono succedute occasioni per osservare con occhiali correttivi una sconfortante attualità politica: i quarant’anni dal sacrificio di Aldo Moro e della sua scorta, il forum fiorentino sullo stato dell’Unione Europea, i 70 anni dal giuramento da Presidente di Luigi Einaudi. Non era tutto rose e fiori il passato, ma in esso troviamo, pur tra inevitabili contraddizioni e difficoltà, le scelte fondamentali per il cammino di crescita democratica del nostro Paese. Nella lezione morotea cogliamo i faticosi sviluppi della politica in continuità col disegno costituzionale e nella valorizzazione delle correnti ideali cattoliche, socialiste e laiche e della loro capacità di interpretare e orientare le spinte popolari; nella promozione e adesione al disegno europeo troviamo il senso di un grande avvenire di pace, integrazione, sviluppo e solidarietà; dalla lezione einaudiana traiamo insegnamenti preziosi per l’impostazione di una corretta e unificante vita delle istituzioni democratiche.

Si respira aria di esami. Dall’autorevole e credibile cattedra presidenziale Sergio Mattarella detta, con discrezione e convinzione, il ripasso storico e costituzionale degli insegnamenti e delle lezioni che ci sono state impartite nel tempo. Ha di fronte degli allievi piuttosto recalcitranti, che ritengono di avere la promozione in tasca in quanto ammessi all’esame a furor di popolo, che vogliono “scaravoltare” l’approccio alle materie partendo dalle esercitazioni pratiche senza studiare e approfondire la teoria, che pretendono la promozione con un populistico sei politico, che pensano di ottenere buoni voti solo screditando chi li ha preceduti sui banchi.

Dalla Presidenza della Repubblica parte l’invito a rispettare i principi fondamentali della nostra democrazia, in cui si rispecchia tutta la nostra storia ed in cui trova compimento l’unità nazionale. Ho la sensazione che i partiti, in via di tardiva e frettolosa ricerca di accordi a livello governativo, alzino le spalle e scuotano il capo, archiviando come vecchiume ingombrante quanto la storia “prepotentemente” ci insegna. Se Moro sta a dimostrare che i progressi politici si ottengono nel dialogo, nel confronto, nella mediazione tra le forze politiche presenti nelle sedi istituzionali preposte,  il  governo grillo-leghista nasce solo nel drastico e semplicistico richiamo alle pulsioni istintive della gente; se l’Europa unita è un dato ideale, storico e politico imprescindibile, coloro che si apprestano a governare il Paese intendono rimettere tutto in discussione cavalcando la pericolosissima onda del sovranismo di ritorno; se le istituzioni hanno una loro dignità e rappresentatività, gli apprendisti stregoni della democrazia diretta intendono bypassarle facendo un patetico, qualunquistico e precipitoso appello alle istanze popolari.

A livello di formazione della compagine governativa si vaneggia di contratti, di garanti, di patti a latere; per l’Europa si (s)parla di revisione dei trattati prima ancora di sedersi al tavolo per discutere; per quanto riguardo il rispetto del galateo istituzionale si stanno cercando nomi e personaggi da sottoporre alla ratifica di un capo dello stato retrocesso alla funzione di mero notaio delle volontà partitiche. Ci sono tutti i difetti della politica del passato, senza nemmeno un pregio. Se questo è il nuovo che avanza, non posso far altro che avvinghiarmi con tutte le mie forze al passato: quello degli Einaudi, dei De Gasperi, dei Moro, dei Pertini, dei Berlinguer, dei Napolitano, dei Mattarella. E Mattarella è l’ultimo dei giusti, ma non so se basterà a difendere la cristalleria dagli elefanti.