La pace dei matti

Quando ho visto il dittatore nord-coreano piantare l’albero della pace, è partito in me un irrefrenabile senso di autocommiserazione: se ci siamo ridotti a puntare e sperare in una pace pilotata da simili personaggi, stiamo proprio freschi. Sembra infatti che stia scoppiando la pace fra le due Coree sotto l’alto patrocinio di Donald Trump.

Intendiamoci bene, i venti di pace sono ben accetti da qualsiasi parte provengano, ma un assetto mondiale messo nelle mani di squallidi personaggi non mi lascia affatto tranquillo. Se la convivenza pacifica è frutto di reciproche minacce e scaramucce, se è conseguenza del terrorismo di stato, se la quiete viene dopo la tempesta, non c’è da rallegrarsi e da tranquillizzarsi.

“Si vis pacem, para bellum” (se vuoi la pace, prepara la guerra) è una locuzione latina di autore ignoto, usata soprattutto per affermare che uno dei mezzi più efficaci per assicurare la pace è quello di essere armati e in gradi di difendersi. Il detto latino citato possiede anche un significato più profondo: quello che vede proprio coloro che imparano a combattere come coloro che possono comprendere meglio e apprezzare maggiormente la pace. Può anche significare, in maniera più sottile, che un espediente per tenere unito e concorde un popolo, e quindi poterlo governare meglio, è di creare un nemico all’esterno o al suo stesso interno (divide et impera).

Gira e rigira credo che la pace che ci stanno confezionando gli attuali potenti del mondo sia proprio una miscela esplosiva di equivoci, perfettamente in linea col paradossale detto latino di cui sopra.  Kim Jong-un sembra essersi improvvisamente stancato di giocare con gli esperimenti nucleari: «Perché dovrei tenere armi nucleari e vivere in condizioni difficili se invece ci incontriamo spesso con gli americani per costruire la fiducia reciproca e se promettono di mettere fine alla guerra e di non invaderci?». Trump vive di minacce a livello internazionale, fa persino la faccia dura agli alleati (vedi Angela Merkel), contesta gli accordi con l’Iran, pompa la strategia antipalestinese di Israele, strizza l’occhio a Putin lasciando intendere un patto di spartizione mondiale per poi bombardare la Siria: schizofrenie da cui difficilmente potrà sgorgare un processo di pace.

L’unico asset concretamente e seriamente pacifico potrebbe essere quello europeo: una comunità (una federazione) di Stati, che, dopo essersi combattuti in guerre disastrose, trovano finalmente un approccio di collaborazione economica e politica. Ma anche qui non mancano i contrasti e le divergenze al punto da mettere in seria difficoltà tutto l’impianto europeo e soprattutto da indebolire la presenza europea nello scacchiere internazionale.

Mia madre usava spesso un (quasi) proverbio dialettale: «Tùtt i matt i gan la sò virtù…». Sono sicuro che lo ripeterebbe davanti ai Kim, ai Trump, ai Putin ed alle loro poco credibili avance pacifiche. Si accontenterebbe cioè degli spiragli di pace che passa lo strano convento dei potenti. Mio padre invece, da antimilitarista incallito e disincantato, non si fiderebbe di questi giochi illusionistici.

La Corea del Nord chiuderà a maggio il sito dei test nucleari di Punggye-ri e lo “farà in pubblico”, attraverso un processo trasparente rivelato a esperti Usa e sudcoreani, con la presenza anche dei giornalisti. Così riferisce l’ufficio di presidenza di Seul. Intanto si apprende che sarebbero Singapore e la Mongolia le due opzioni per la sede del summit tra il presidente Usa, Trump, e il leader nordcoreano. Sembra quasi di sognare. Speriamo non si rivelino fake news.