Abbiamo bisogno di tutti

“Merkel e Macron si preoccupino di tedeschi e francesi. Dell’Italia si occuperanno gli italiani. Non abbiamo bisogno di lezioni da altri e tantomeno da loro”. Così dice Matteo Salvini e, dopo aver letto questa dichiarazione, non posso essere che ulteriormente d’accordo col segretario reggente del Pd, Maurizio Martina, il quale afferma che un governo M5S-Lega sarebbe pericoloso.

È inutile nasconderlo, sento nell’aria puzza di orgoglio nazionalista: si tratta di un prerequisito, che, associato all’intolleranza verso gli immigrati e alla qualunquistica sfiducia nella politica e nelle istituzioni, ci può portare dritto-dritto incontro a sciagurate avventure di stampo neofascista.

Penso sia utile ricordare il comportamento di tre personaggi storici, che spiega cosa voglia dire autonomia decisionale e indipendenza di giudizio. Alcide De Gasperi ebbe l’umiltà e la capacità di far accettare l’Italia nel consesso delle nazioni dopo la sciagurata vicenda nazi-fascista, culminata nella disastrosa sconfitta della seconda guerra mondiale (fu addirittura complimentato dal rappresentante inglese e Dio solo sa quanta supponenza abbiano gli inglesi). Aldo Moro seppe avviare una fase di coinvolgimento dei comunisti al governo contro la prevenuta ostilità del governo americano, impersonificata soprattutto da Henry Kissinger (e ne soffrì le conseguenze sulla propria pelle). Sandro Pertini, difendendo la dignità e la serietà del popolo italiano, da Presidente della Repubblica ripeté più volte, con grande autorevolezza e credibilità, ma senza ostilità verso alcuno, che gli italiani non sono primi né secondi a nessuno (lui aveva le carte in regola per poterlo affermare).

Nessuno può dire, a livello personale e tanto meno a livello internazionale, di non aver bisogno di lezioni dagli altri. Tutti abbiamo bisogno di tutti. Non sarà certo Matteo Salvini a cambiare la corretta etica nei rapporti umani. La presunzione e l’arroganza, che vanno sempre d’accordo con l’ignoranza, non possono che isolarci e squalificarci. Nella mia vita professionale ho vissuto la difficoltà nei rapporti, a livello regionale, fra la realtà parmense e quella delle altre province emiliane e romagnole: ho sempre rifiutato lo splendido (?) isolamento di chi si chiudeva di fronte a certi atteggiamenti un tantino prevaricatori. Bisogna confrontarsi, collaborare, ammettere le proprie lacune, impegnarsi, ascoltare, prendere esempio, discutere, partecipare: questa è la democrazia. Così facendo ho sempre trovato accoglienza, disponibilità ed aiuto da chi era più avanti. Lavoravo nel movimento cooperativo e l’Emilia-Romagna ne era ed è tuttora la punta di diamante. Ad un convegno nazionale gli emiliani presentavano le loro esperienze sui vari argomenti. Ad un certo punto, un cooperatore di altra regione sbottò di brutto e manifestò il proprio fastidio. Gli pesava ascoltare e forse anche imparare. Non si fa così. Può darsi che chi è più avanti esprima, volontariamente o meno, un certo senso di superiorità: è umano. I primi della classe a volte sono insopportabili, ma non bisogna esorcizzarli, al contrario bisogna utilizzarli nella loro effettiva superiorità e convincerli a lasciar copiare il compito.

Paolo VI alle “strane” esequie di Aldo Moro, con parole che non finiscono mai di commuovere, lo definì un uomo (prima che un politico) buono, mite, saggio e amico. La cattiveria, l’aggressività, l’invadenza, l’insipienza, la sventatezza e l’inimicizia di questi nuovi e pericolosi salvatori della Patria, che possono anche fare scalpore e ottenere consenso, non ci porteranno da nessuna parte. Ne sono più che sicuro!