Il pope Rano

Durante i raduni giovanili dell’Azione Cattolica, ai miei tempi si raccontava una simpatica e innocua storiella a metà strada fra l’anticlericale ed il giallo. Nello scompartimento di un treno viene ammazzato un viaggiatore. Gli investigatori appurano che in quello scompartimento viaggiavano anche due sacerdoti greco-ortodossi, due popi, il pope Runo e il pope Rano. La storiella, per farla breve, finiva con il quesito riguardante l’assassino. Chi era? Il pope Rano! E perché? Perché un pope Runo (un po’ per uno) non fa male a nessuno.

Pope è anche la traduzione inglese di papa. Ragion per cui devo ammettere che Francesco non è certamente un pope Runo, in quanto ha fatto male a molti, ha inciso e sta incidendo nelle carni religiose del nostro tempo. Nei cinque anni dal 13 marzo 2013, giorno della sua nomina, sono cambiate molte cose nella mentalità della Chiesa cattolica. Non faccio il verso ai tanti esperti e studiosi, che in questi giorni stanno analizzando questo ormai lungo scorcio del pontificato bergogliano e francescano. Mi basta attestare come ogni qual volta mi trovo a vedere ed ascoltare l’attuale papa, mi sento messo in discussione assieme a tutta la Chiesa: ogni sua uscita è una provocazione di stampo squisitamente evangelico. Ha cominciato immediatamente dopo la sua elezione e non si è mai interrotto. Sta spargendo a piene mani semi evangelici: non so quanto frutto abbiano portato finora, so comunque che ne porteranno.

Con tutto il rispetto per i suoi predecessori, sta trasmettendo una carica innovativa che tocca profondamente nel vivo della Chiesa. Il discorso fondamentale è riconducibile alla riscoperta della fede in chiave areligiosa, vale a dire anteponendo l’amore misericordioso di Dio ai dogmi, alle regole ed ai precetti. Ogni volta che affronta un argomento e/o una situazione riesce sempre ad operare quel salto che lo allontana dagli schemi tradizionali per avvicinarlo al cuore dell’uomo bisognoso di perdono e di cura. Ci stiamo abituando a questo stile e, in un certo senso, non lo stiamo aiutando: accanto ai sussiegosi e irriducibili istinti restauratori esiste purtroppo anche una routine filo-francescana, che finisce col depotenziare il suo messaggio adottandone una lettura aneddotica, banalizzandone i contenuti, svuotandone la carica provocatoria.

Molti, più di quanti possano sembrare, lo osteggiano apertamente (sono quelli che meno preoccupano) o subdolamente (prima o poi sono costretti a venire allo scoperto); molti lo applaudono opportunisticamente (sembra piacere quasi a tutti); molti lo apprezzano superficialmente (è simpatico, sa comunicare con le persone, è un toccasana per la Chiesa); molti lo considerano un rompicoglioni di stampo comunisteggiante ( una storia vecchia come il cucco); molti lo vedono come il personaggio scelto al fine di recuperare credibilità per una Chiesa rovinata da scandali  e compromissioni col potere. Non mi sento iscritto a nessuna di queste categorie. Gli voglio semplicemente molto bene: per il coraggio che mette in campo, per il carisma che dimostra di possedere, per la convinzione con cui si schiera. E poi, la dico tutta, sono sempre stato e sono tuttora in polemico contrasto con quel po’ di gerarchia cattolica con cui sono venuto e vengo in aspro contatto. Ebbene finalmente ho un papa con cui vado d’accordo e non è poco. Che Dio me lo (ce lo) conservi a lungo.