I cambiamenti epocali che stanno avvenendo imporrebbero alla politica di volare alto, non per eludere la realtà, ma per affrontarla in una visione complessiva nello spazio e prospettica nel tempo. Invece la risposta politica italiana emergente dalle ultime elezioni si pone in una logica strumentalmente di piccolo cabotaggio e demagogicamente di breve respiro.
Il mondo, lo si dice spesso, è cambiato ancor prima della crisi economica degli ultimi anni, che ne ha registrato le conseguenze. Si è passati da un’economia manifatturiera ad una finanziarizzazione dell’economia stessa, si è passati da ambiti economici ristretti ad una situazione globale, si è passati da assetti economici in cui il fattore lavoro aveva addirittura la “pretesa” di essere una variabile indipendente ad un mercato in cui il lavoro è costretto a coprire gli spazi residuali offerti da un’economia sempre più automatizzata e sempre più competitiva.
La gente non ha percepito o fa finta di non aver capito che la situazione è cambiato in modo clamoroso e continua a ragionare in termini asfittici e ristretti. La classe politica sta dimostrando limiti gravissimi in quanto non riesce a trasferire scelte valoriali e programmi di governo nel mutato calderone in cui siamo inseriti. La sinistra è in gravi difficoltà perché non riesce a ricuperare le sue originali idealità – uguaglianza, giustizia sociale, solidarietà – tentando di coniugarle con efficienza produttiva, sviluppo economico, gradualità di cambiamento, riforme sistemiche, europeismo e globalizzazione: si dibatte nella storica incertezza tra tentazioni di lotta ed esigenze di governo. La destra non è in grado di proiettare il liberismo economico nel variegato e moderno contesto socio-economico e finisce col ricadere nei fantasmi del nazionalismo, del protezionismo, del populismo, del rigorismo, dando risposte di retroguardia ai problemi emergenti.
La sinistra riformista lascia quindi spazio ai movimenti protestatari anti-sistema e la destra liberale apre autostrade pericolose all’estremismo, confusionario ma attraente, dei nazionalisti più o meno riveduti e corretti. Tutto il mondo occidentale è invischiato in questo stallo politico, che aumenta in proporzione alla debolezza dei partiti tradizionali di sinistra e destra. È successo in Gran Bretagna con la brexit e dopo la brexit; è successo in Francia dove però Macron, con un abile mossa del cavallo, ha avuto il coraggio di superare gli schemi e di prendere in mano la situazione, anche se il suo tentativo è ancora tutto da valutare e verificare; è successo negli Usa con la paradossale vittoria di Trump, che ha buttato all’aria tutto e sta cavalcando tutti i peggiori “ismi” della storia, trascinando nel gorgo gli sbalestrati ceti popolari americani; è successo in Germania dove però la situazione è meno drammatica in quanto popolari e socialisti mantengono una certa forza elettorale, ma soprattutto sembrano ancora in grado di compromettersi in un’alleanza transitoria utile a governare, anche tramite una certa egemonia europea, il cambio epocale di cui sopra.
A ben pensarci questa involuzione politica è accaduta anche in Russia: il riformismo di Gorbaciov ha perso, lasciando il campo al radicalismo di Eltsin, a sua volta preparatorio del populismo putinista. In Cina invece la classe dirigente è riuscita a gestire una drammatica e fenomenale riscossa economica, mantenendo saldo il sistema politico di vecchio stampo comunista.
Per tornare precipitosamente in Italia dobbiamo volare basso che più basso non si può: Salvini e Di Maio a rapporto davanti al mondo che cambia. Molti evocano il governo di unità nazionale che sta nascendo in Germania, ma lì tra i due partiti c’è un minimo di condivisione ed un massimo di convenienza. In Italia non vedo alcuna condivisione significativa fra i tre blocchi e non vedo nemmeno quel minimo di freddezza e lungimiranza necessaria a mettere l’interesse generale oltre quello di bottega. L’indebolimento notevole del PD, salutato scriteriatamente da tanti come una sorta di liberazione dal sistema, potrebbe essere una immediata buccia di banana per i vincitori: se cadono Salvini e Di Maio non è un dramma, anzi, purché non ci trascinino tutti in un lungo e mortale precipizio, davanti ad una situazione che non si ferma ad aspettarci.