Dalle stelle del sistema alle stalle dell’anti-sistema

Non ho saputo resistere e mi sono lasciato coinvolgere dalle maratone televisive del post-voto, durante le quali ho visto personaggi perdenti di grande spessore etico, culturale politico, come Piero Fassino, subissati dal vuoto e arrogante clamore dei vincenti, grillini e leghisti. Mi sono chiesto cosa stia capitando in Italia e confesso di avere la tentazione di voltarmi dall’altra parte, considerata la mia anzianità, il mio impegno conseguentemente ridimensionato, il mio legame con un passato fulgido della politica, il mio ormai scarso interesse diretto nelle questioni politiche del paese: largo ai giovani mi sono detto, stiamo a vedere quel che succede, lasciamo fare e lasciamo passare.

Non riesco però a chiudermi in uno splendido isolamento culturale, forse non è nemmeno giusto e allora ho pensato di prendere la rincorsa dal passato remoto per arrivare a interpretare il presente e guardare al futuro. Parto con tanta nostalgia dai fitti e vivaci dialoghi che, alla fine degli anni ottanta del secolo scorso, intessevo con un indimenticabile amico, un anziano comunista tutto d’un pezzo, col quale avevo collaborato a livello di base seppure da opposte sponde. Capivamo come la politica si stesse allontanando dalle ideologie, ma anche dai valori e dalle idee, che erano state il collante dell’anti-fascismo, della Repubblica nata dalla resistenza, dei rapporti politici impostati a livello alto sulla scia del patto costituzionale. Registravamo, con una certa apprensione, come la politica si stesse incamminando sulla strada del confronto pragmatico sui programmi di governo, lontano dalle tensioni ideali e dagli ancoraggi valoriali, dopo un compromesso storico interrotto prematuramente dalla morte di Aldo Moro e dopo la degenerazione craxiana. Eravamo rassegnati.

Poi arrivò tangentopoli che mise in crisi il sistema partitico, ma il berlusconismo, il leghismo padano e il revisionismo post-fascista riuscirono a riciclare in qualche modo questo sistema: si formarono nuovi partiti in un certo rimescolamento di carte, sparirono i partiti tradizionali ed emersero nuovi schieramenti. Si aprì un periodo di oltre un ventennio di alternanza destra-sinistra, che avrebbe potuto finalmente incarnare quel pragmatismo governativo della politica da me tanto temuto, sommerso purtroppo dall’anomalia berlusconiana, dalle difficoltà economiche e dai cambiamenti epocali a livello europeo e mondiale. Arrivo rapidamente e semplicisticamente ai giorni nostri in cui in un certo senso si è tornati indietro, ma nel peggiore dei modi, non per riscoprire ideali e valori, ma per impostare una sbrigativa crociata anti-sistema, capace di accarezzare la pancia alle spinte ed ansie di un paese cambiato, che non riesce a coniugare con la realtà dei fatti i capisaldi dell’età moderna: europeismo, globalizzazione e immigrazione. Un ritorno di fiamma del nazionalismo, del protezionismo, della protesta fine a se stessa, del populismo: tutti i connotati di un paese irriconoscibile e mutato, interpretato dalle forze che sono risultate vincenti alle ultime elezioni, il M5S e la Lega. Non so se si tratti di una svolta epocale, ma certamente qualcosa di importante è successo.

Matteo Renzi aveva capito l’esigenza di impostare una forte riforma del sistema politico-istituzionale e vi si è buttato anima e corpo: purtroppo non è stato capito e il sistema è finito in pasto alle derive protestatarie del rinnovato leghismo e dell’improvvisato grillismo.   I cambiamenti nel sistema, obiettivamente bisognoso di profonde riforme, rimangono a livello epidermico, ma incontrano il favore degli arrabbiati e danno risposta al malcontento generale (soprattutto dei cittadini del sud, dei giovani e di quanti si sentono insicuri). Si resta sulle parole, si vota sui proclami, si trascurano completamente i comportamenti governativi: tutti stupidi e tutti ladri.

Prima o poi dalle parole si dovrà pur passare ai fatti, trascorrerà forse molto tempo e intanto non si capisce cosa possa capitare. Questa spinta antisistema non è solo italiana, ma americana (Trump) ed europea. Negli altri paesi europei però i partiti tradizionali, pur essendo in grave crisi a livello di consenso, per ora riescono a contenere questa spinta. In Italia la debacle del partito democratico mette in seria difficoltà il sistema al limite della sua tenuta. Probabilmente a questo partito, uscito malconcio dal turno elettorale, si porrà il problema se allungare una mano sistemica agli anti-sistema o se lasciare che la situazione marcisca nella ingovernabilità e nella confusione politica e parlamentare. Non basteranno la saggezza e l’abilità di Mattarella. Probabilmente ne dovremo vedere delle belle: siamo solo agli inizi.