Mattarella deve togliere il prete dalla merda

Ieri, giorno delle elezioni, scrivevo di tre tentazioni in cui i cittadini italiani potevano cadere. Hanno evitato la prima, quella dell’astensionismo, nonostante le solite complicazioni ed inefficienze ai seggi elettorali: le file ai seggi, dovute ai ritardi nelle operazioni di voto, erano comunque un’immagine eloquente della volontà degli italiani di partecipare alla consultazione.

Sono però caduti clamorosamente nella seconda, vale a dire nella sindrome del marito che per fare dispetto alla moglie…Ebbene, ha vinto l’antipolitica, la protesta anti-sistema con l’affermazione quantitativamente notevole del movimento cinque stelle, il primo partito, cui deve essere aggiunto il risultato della Lega, che diventa il terzo partito e, superando l’alleato di Forza Italia, conquista la guida del centro-destra.

Anche la terza tentazione, quella delle ricette scadute o delle ministre scaldate, ha colto gli italiani, che hanno ripiegato sul centro-destra, la coalizione premiata complessivamente da ben oltre un terzo dell’elettorato.

Il centro-sinistra esce fortemente punito: il suo modo di governare non è piaciuto, i risultati del suo governo non sono stati percepiti, le sue divisioni interne lo hanno indebolito, anche se il risultato degli scissionisti di “Liberi e uguali” è vergognosamente insignificante.

È successo però anche quanto si temeva da tempo, vale a dire che la composizione numerica delle due Camere non lascia spazio a precise e coerenti maggioranze di governo con il rischio dell’instabilità dietro l’angolo. Questo spauracchio, sventolato con fastidiosa insistenza in faccia agli italiani, non ha avuto l’effetto desiderato, anzi ha convinto gli elettori a rischiare, a buttare, come si suol dire, “il prete nella merda”, fregandosene altamente e irrazionalmente della continuità, della governabilità, della stabilità.

È già cominciato, di conseguenza, il toto-maggioranza. I grillini, che si ergono ad asse fondamentale del Parlamento e lasciano intendere di voler giocare, seppure presuntuosamente e con la puzza elettorale sotto al naso, il ruolo di playmaker, vorranno strizzare l’occhio programmatico a qualcuno? E chi starà al loro gioco? La Lega, molto rafforzata, forse sarà indotta a considerare con un certo interesse l’ipotesi di un governo anti-sistema, dialogando con il M5S e lasciando al loro destino i cannibalizzati alleati di un centro-destra duro a morire, ma politicamente spiazzato e schiacciato sull’estremismo populista? Il centro-sinistra, messo sgarbatamente dietro la lavagna, cercherà il bagno rigeneratore dell’opposizione o valuterà qualche possibilità di accordo transitorio con parte del centro-destra o addirittura una parziale intesa programmatica con i grillini liberati dal peso dell’ormai superata strategia del “vaffa”?

Domande che sono girate, in modo deviante, anche durante la campagna elettorale e che ora si fanno ancor più insistenti alla luce dei risultati delle urne. Il quesito di fondo è: riuscirà l’antipolitica a dismettere, seppure parzialmente, i suoi panni per rivestire quelli della nuova politica? La protesta potrà diventare proposta? Tutto sommato gli italiani hanno pensato che questo possa avvenire: li credo meno sprovveduti e più intelligenti di quanto si possa pensare. Hanno votato, si sono espressi in modo numericamente chiaro anche se politicamente equivoco e pericoloso. Dovrà essere il presidente della Repubblica a verificare se possa succedere questo mezzo miracolo o se invece il sistema politico, come è successo in altri paesi europei, ultima la Germania, abbia ancora gli anticorpi per resistere al virus populista, che sembra aver compromesso le difese dei cittadini italiani. Non lo invidio, ma gli auguro, di cuore, un buon lavoro.