19/02/2018

Letture bibliche nella liturgia del giorno

 

Levitico 19,1-2.11-18; Salmo 18; Matteo 25,31-46.

 

Riflessione personale

 

Proiettiamoci alla scena finale della nostra esistenza o meglio alla scena iniziale della nostra vita eterna, al giudizio a cui saremo sottoposti: roba da far tremare le vene ai polsi. Un termine ricorrente nella predicazione di papa Francesco è quello della misericordia: un Dio misericordioso che ci concede e chiede misericordia. Stando a quanto dice Gesù nel Vangelo, in una prospettazione strabiliante nella sua semplicità, saremo giudicati sulla misericordia che avremo usato verso i nostri fratelli bisognosi di aiuto: affamati, assetati, stranieri, nudi, malati, carcerati. Ci sono tutti e non la possiamo scappare. È questo il contrappasso divino: Dante Alighieri nella travolgente genialità della Divina commedia aveva previsto il meccanismo, ma non il parametro.

Da una parte mi sento sollevato perché non sarò chiamato a rispondere meramente delle trasgressioni commesse, dall’altra parte mi preoccupo perché sono tanti coloro che mi hanno teso e mi tendono la mano, mentre io faccio finta di non vederli, volto la faccia, mi giustifico con “l’avere già dato”, mi creo l’alibi di latta del “non poter aiutare tutti”. Sono atteggiamenti che davanti agli uomini vanno benissimo, ma davanti a Dio mi costeranno cari. Anche perché Dio non chiede l’impossibile, ma si accontenta di poco: un bicchiere d’acqua, un piatto di minestra, una parola buona, una visita, un piccolo aiuto. Tutte cose che possiamo fare: ce le chiede Lui in persona.

Tutta la sequela di comandamenti, regole e prescrizioni ce la siamo costruita noi per divagare rispetto al nocciolo della questione e confondere le acque della religione. Bisogna andare al sodo. È tutto talmente chiaro che non potremo accampare scuse, il giudizio ce lo potremmo dare da soli. Non c’è regolazione dei flussi di immigrati che tenga, non scarichiamo sull’assistenza sociale e sugli enti di volontariato, non nascondiamoci dietro lo Stato che non funziona, non pensiamo che le carceri siano la soluzione dei problemi, non difendiamo solo la nostra sicurezza. Siamo interpellati personalmente e dobbiamo rispondere a chi ci chiede aiuto, altrimenti comunque ne risponderemo davanti a Dio.