Ironia sul filo di lana e…del rasoio

Beppe Grillo non manda più nessuno affanculo (“Forse è finita l’epoca del vaffa” dice in extremis); Silvio Berlusconi spende e spande il volto presentabile del centro-destra (candida ufficialmente a premier l’europeista Antonio Tajani, a nome di Fi, ma si legge in filigrana che, pur digrignando i denti, anche Salvini chinerebbe la testa); Matteo Renzi si dice pronto a sostenere ogni autorevole candidato di espressione PD (un chiaro endorsement finale al gettonatissimo Paolo Gentiloni).

In coda alla campagna elettorale non ci sarebbe quindi il veleno, ma lo zucchero della moderazione politica e personale. In questa svolta c’è sicuramente del tatticismo, anche piuttosto smaccato, ma forse anche un pizzico di ragionevolezza, che non guasta mai. E l’elettorato come reagirà? Potrebbe succedere come avvenne qualche volta ai soldati che continuavano a combattere perché non avevano percepito la tregua intervenuta: i grillini potrebbero continuare imperterriti a mandare tutti affanculo, i leghisti a puntare sulla rivoluzione salviniana, i Fratelli d’Italia a farsi spaventare per il caos che scoppierebbe se non vincesse il centro-destra, i renziani a tifare per il loro leader considerandolo un uomo solo al comando e trascurando il fatto che sta emergendo, a detta di molti, il candidato della continuità europeista e sviluppista.

In effetti la gente potrebbe sentirsi presa per i fondelli: dopo essere stata fortemente aizzata, vede svanire la vis polemica, unico elemento di una campagna elettorale giocata sulla violenza aculturale e apolitica. Qualcuno, deluso da questa comica finale, finirà con l’ingrossare le fila degli astensionisti: tutti i protagonisti elettorali si sono probabilmente accorti di avere esagerato ed in extremis buttano qualche secchiata di acqua gelida per smorzare i bollenti spiriti di un’insopportabile campagna elettorale. Dai brividi di caldo ai brividi di freddo in un capovolgimento dei sintomi di una grave febbre politica.

Se a Luigi Di Maio togliamo le gag polemiche da avanspettacolo di Beppe Grillo, cosa rimane? L’ignoranza e la presunzione di un ragazzino capitato per caso in Parlamento, che ha cominciato a giocare ed è diventato un giochino-dipendente al punto da puntare tutto alla roulette elettorale. Se al centro-destra togliamo le farneticanti promesse di Matteo Salvini, cosa resta? La penosa e caricaturale riproposizione della minestra scaldata berlusconiana. Se al centro-sinistra togliamo l’esagerata, incontenibile e logorroica verve di Matteo Renzi, cosa rimane? La flemmatica e pigra immagine di una sinistra moderata nei toni e tiepida nei contenuti.

Mi sono preso la libertà di ironizzare su questa equivoca e tardiva conversione moderata. I politologi probabilmente la motiveranno con l’ansia della stabilità e della continuità di governo. Vado avanti trasformando l’ironia in sbracato sarcasmo. Vuoi vedere che stanno preparando il governissimo del compromesso astorico? Presidente del coniglio (è un lapsus freudiano): Paolo Gentiloni. Vice-presidente dell’inciucio: Antonio Tajani. Ministro dei casini in piazza: Matteo Salvini. Ministra delle buone intenzioni mondiali: Emma Bonino. Ministro della diseconomia: Luigi Di Maio.  Ministro della pseudo-cultura: Giorgia Meloni. Ministro del giustizialismo: Marco Travaglio. Etc. etc. A quel punto Sergio Mattarella si dimetterebbe e il nuovo pirlamento (altro lapsus freudiano), dopo avere introdotto l’elezione diretta del presidente della Repubblica, indirebbe la consultazione elettorale populista per la nomina del nuovo capo-dello Stato: due i candidati, Silvio Berlusconi opportunamente riabilitato, Beppe Grillo rubato definitivamente al mondo dello spettacolo. Oggi sono in vena di scherzare, domani farò la persona seria.