Non posso credere che la candidatura a premier di Luigi Di Maio sia una cosa seria e non lo specchietto per le allodole di qualche altro progetto politico. Più vedo, più ascolto il presuntuoso e ignorante personaggio passato per caso davanti a Palazzo Chigi e voglioso di entrarvi non da visitatore, ma da protagonista, e più mi convinco che o il movimento cinque stelle è un colossale bluff oppure persegue un disegno al di sopra del nulla benvestito da Di Maio. Non sono l’unico che se lo sta chiedendo, anche in seguito all’atteggiamento piuttosto defilato assunto da Beppe Grillo.
Pur con tutto il rispetto e la più buona volontà non riesco a prendere sul serio il fatto che i pentastellati pensino di governare l’Italia mettendo in campo un politicante politichetto che fa il verso al politico. Silvio Berlusconi afferma che non lo assumerebbe in una sua azienda neanche come fattorino: non so dargli torto, pur consigliando al fu cavaliere di usare lo stesso rigoroso metro di giudizio nella selezione dei suoi candidati e di quelli della sua sbracata coalizione.
Senza un minimo di classe dirigente si possono anche accumulare consensi e voti, ma quando si passa dal dire al fare casca l’asino: sta succedendo ai grillini perifericamente investiti di cariche amministrative, succederà a maggior ragione per il governo centrale con un candidato premier, che sembra ancor peggio dei suoi colleghi amministratori locali.
Allora diventa obbligatorio fare un po’ di dietrologia e sbizzarrirsi con alcune ipotesi nascoste dietro il paravento dimaiano. Una prima possibilità, di carattere squisitamente tattico, potrebbe essere riconducibile alla furbizia di Beppe Grillo: logorare questi saputelli, lasciando magari che si verifichi una caduta libera dei consensi, per poi rispuntare come salvatore della Patria mettendo tutti a tacere e spadroneggiando in modo trasparente l’intero movimento. Della serie “l’unico grillino doc è Beppe Grillo”, diffidate delle imitazioni. Discorso non molto lontano dalla realtà: ho sempre ritenuto che dietro Grillo non ci fosse nessuno a livello dirigenziale e che il grillismo sia un fenomeno legato verticisticamente a questo istrione, capace di raccontarla agli scontenti in vena di scherzarci sopra.
Una seconda ipotesi la potremmo definire “giustizialistico-mediatica”: una scheggia impazzita (?) della magistratura, appoggiata dai soliti opportunistici giornalisti, che prenderebbe in mano la situazione, esprimendo una buona fetta di governo in nome della velleitaria pulizia etica. Della serie “sgombriamo la politica”, arrivano i nostri: una sorta di riedizione del dopo-tangentopoli, allora interpretato da Bossi e Berlusconi pronti a sfilare il potere alla magistratura milanese, oggi monopolizzato da un gruppo di magistrati d’assalto vogliosi di scendere in politica sotto le bandiere pentastellate. Non ci vuol molto a immaginare cosa succederebbe ai vari Di Maio…e forse solo LeU si salverebbe essendosi vaccinata con l’antivirus Piero Grasso.
Una terza fantasiosa ipotesi potrebbe essere quella che titolerei “tecnico-elitaria”: i personaggi con la puzza sotto il naso, che finalmente trovano il modo di sfogare la loro rabbia antiregime. Una sorta di governo Monti a rovescio, che manda a casa i politici e i tecnici di regime. E, come spesso accade nella storia, ad un regime ne succederebbe uno ancor peggio…
Ho finito di fantasticare. Solo così riesco però a dare un senso alla non strategia grillina, in funzione delle elezioni politiche ormai vicine. Se mi sarò sbagliato su tutto il fronte, cosa assai probabile, vorrà dire che gli italiani avranno valutato la prospettiva di essere gli utili idioti al seguito di Di Maio e di rischiare tutto (come teme Paolo Gentiloni) al seguito di niente. Cosa avranno deciso lo sapremo il cinque marzo: speriamo bene.