Quando si affronta un problema complesso e difficile si è spontaneamente ed irrazionalmente portati ad esaminarne gli aspetti più evidenti, ad occuparsi del particolare a scapito del generale, a rifugiarsi nel banale per evitare la fatica dell’approfondimento. Il discorso vale anche per la politica e per coloro che la spiegano.
Il problema di fondo della politica italiana è il disinteresse e la sfiducia dei cittadini riguardo ai partiti, che rappresentano o dovrebbero rappresentare, volenti o nolenti, il collegamento tra la realtà del Paese e le sue istituzioni. La questione infatti non sta tanto nella perdita di appeal dei partiti, ma nella conseguente debolezza delle istituzioni democratiche.
Cerco di essere concreto. Esistono tre evidenti questioni politiche sul tavolo: quella del tormentone nell’area di centro-sinistra insidiata dalle divisioni, quella del movimento cinque stelle lanciato spericolatamente e dilettantescamente nella contestazione globale e quella del centro-destra che non trova di meglio che avvinghiarsi al suo padre-padrone.
Sarebbe necessario approfondire le cause-effetto di queste anomalie, invece ci si rifugia sugli aspetti di facile presa mediatica, sui più beceri personalismi: il riciclo del fegatoso scetticismo di Tommaso D’Alema, la testarda risurrezione di Lazzaro Berlusconi, il protagonismo di risulta di Barabba Grillo. Anziché tentare di capire e smascherare le manovre, ci si accontenta di coltivarne gli aspetti più futili e personali.
Per quanto riguarda il centro-sinistra si concede attenzione e credito ai pruriti identitari degli ex-comunisti correndo dietro alle minchiate di D’Alema e Bersani, lasciando in cantina il nodo della coniugazione tra salvaguardia del patrimonio ideale e sua adattabilità ai mutamenti della società.
Relativamente al centro-destra si prende la scorciatoia berlusconiana con le sue asperità divorziste e le sue magagne etico-giudiziarie, senza puntare al nodo del drammatico scontro tra conservazione e reazione, tra europeismo e nazionalismo, tra moderazione e populismo.
In campo pentastellare si rincorrono gli squallidi personaggi di fila (Raggi, Di Battista, Di Maio etc) per evitare di affrontare il fallimento dell’operazione grillina, vale a dire la incapacità di interpretare lo scontento trasferendolo dalle pance alle urne, dalle piazze alle Camere, dal web ai palazzi del potere.
Un colossale e globale “striscia la notizia” avvolge la politica, satirizzandola, banalizzandola, svuotandola e marginalizzandola. Un tempo di politica si discuteva nelle sezioni di partito, oggi il dibattito si è trasferito nei bar, non quelli veri (il che sarebbe già qualcosa di serio), ma quelli immaginari e mediatici.
Continuiamo pure a interessarci delle due sentenze riguardanti Berlusconi: quella che sembra dargli ragione nei rapporti economici con la ex moglie Veronica Lario e quella europea, che non si sa se gli negherà definitivamente o meno l’ingresso nelle istituzioni. Lui comunque continuerà ad incarnare l’equivoco di una destra impresentabile.
Divertiamoci a intervistare i sinistrorsi di maniera ed a ospitarne i finti pruriti ideologici. Loro proseguiranno nel portare fuori strada la sinistra riducendola ad una conventicola di nostalgici.
Perdiamo il tempo dietro i grillini che giocano a fare politica. Loro giocano e forse si divertono anche, gli italiani rischiano invece di giocare in modo pessimo i residui jolly che hanno in mano.
Nel frattempo i votanti alle elezioni calano e si collocano a mera difesa del territorio, proprio come fanno i gatti e nella notte della democrazia tutti i gatti rischiano di essere bigi.