L’Alto commissariato dell’Onu per i diritti umani, dopo aver investigato il contenuto e l’applicazione delle intese, definite disumane, tra Ue e governo Libico in materia di regolazione dei flussi migratori e di lotta agli scafisti, afferma in sintesi: «Non possiamo essere testimoni silenti della schiavitù moderna, di stupri e altre violenze e di uccisioni fuorilegge nel nome della gestione dell’immigrazione».
Non ci vuol molto a immaginare cosa potrà succedere nei centri di detenzione in cui vengono ammassati i migranti bloccati nel Mediterraneo: sono veri e propri campi di concentramento dove si scateneranno violenze di ogni tipo, vendite all’asta di migranti, mercati degli schiavi, etc. Gli ispettori dell’Onu dicono di essere rimasti scioccati e di avere visto «migliaia di uomini, donne e bambini emaciati e traumatizzati, ammucchiati gli uni sugli altri, imprigionati in hangar senza accesso ai beni di prima necessità più basilari e privati della loro dignità umana». Ue e Italia, ricorda l’Alto commissario per i diritti umani, stanno fornendo assistenza alla guardia costiera libica, nonostante il timore che questa pratica «condanni più migranti a una detenzione arbitraria e illimitata, esponendoli a tortura, stupro, lavori forzati, sfruttamento ed estorsione».
Non so cosa possa fare l’Onu concretamente, ma ho l’impressione che si stia lavando la coscienza buttando la croce addosso all’Unione Europea e quindi anche all’Italia. La Farnesina risponde: «Sono mesi che chiediamo a tutti i governi coinvolti di moltiplicare l’impegno e gli sforzi in Nord Africa per assicurare condizioni accettabili e dignitose».
Il concetto di gestire l’immigrazione tramite accordi e collaborazione con i Paesi Africani, Libia in primis, è teoricamente giusto, ma non trova positivi riscontri in un Paese sostanzialmente senza governo, frazionato in tribù, privo di strutture adeguate e quindi facile terreno di profittatori e sfruttatori. Se manca l’interlocutore diventa impossibile collaborare, aggiungiamoci che i Paesi europei si limitano ad elogiare l’Italia per il suo gran daffare sulla coste libiche e poi se ne fregano bellamente. L’Onu pontifica, parla bene ma razzola male; se arriva, lo fa con enormi ritardi; spesso non arriva affatto ed è più che mai il caso di dire che si limita a predicare nel deserto.
E l’Italia, come al solito, prende botte da tutte le parti, anche perché in situazioni così gravi e complesse chi tenta di fare qualcosa finisce sempre con lo sbagliare. Vale per gli Stati, per le Ong, per gli operatori sociali, per la Chiesa (accusata di perbenismo evangelico associato a concreto menefreghismo: quante volte abbiamo ascoltato i baluba nostrani chiedere al Papa di smetterla con le prediche e di ospitare gli immigrati in Vaticano).
Sono doppiamente indignato: da una parte si stanno permettendo vere e proprie deportazioni di massa e probabilmente, anche giocando di fantasia, non si riesce ad immaginare nemmeno lontanamente la disumanità della situazione; dall’altra parte assistiamo al solito scaricabarile a tutti i livelli, personale, locale, regionale, nazionale, europeo ed internazionale.
Se l’intervento dell’Onu voleva smuovere le acque, può andar bene anche se assomiglia molto al senno di poi. Se la strigliata finisce agli atti e innesca una polemica sull’attribuzione di colpe, ritardi, errori ed omissioni, i migranti non ne avranno alcun beneficio, anzi ne avranno danno e beffe. Speriamo che il pronunciamento ufficiale dell’Alto commissario serva almeno ad aumentare nelle popolazioni europee la consapevolezza della gravità del problema, distogliendole dall’egoistica tentazione dei muri, dei respingimenti facili, delle chiusure nei propri recinti, delle assurde paure e dei facili rifugi nel razzismo riveduto e scorretto.