Tutti gli uomini (e le donne) dovrebbero tenere un comportamento eticamente e moralmente corretto, a maggior ragione coloro che sono investiti di cariche pubbliche. Tutto il mondo è paese e in tutto il mondo c’è chi approfitta della propria rilevante posizione per fare i propri comodi. Succede sul piano degli interessi economici e capita anche a livello sessuale. Non mi scandalizzo, anche se essere rappresentati e governati da personaggi censurabili non è il massimo della soddisfazione democratica. Forse la Gran Bretagna si distingue per un alto tasso di scorrettezze sessuali da parte degli appartenenti alla classe politica, almeno così può superficialmente apparire.
Una cosa però balza all’occhio ed è la immediatezza con cui i politici inglesi chiacchierati hanno il buongusto di fare un passo indietro. In parte ciò è dovuto ad una cultura anglosassone tutto sommato bacchettona che esige la facciata pulita, ma forse anche ad una dignità personale che deve essere difesa con una certa franchezza. Fatto sta che parlamentari e ministri si dimettono con relativa facilità, dopo essere stati coinvolti in questioni sessuali piccanti e imbarazzanti.
Il ministro della difesa britannico Fallon (ogni riferimento di carattere sessuale è puramente casuale) è stato travolto, assieme ad altri esponenti politici e membri del governo, dalle accuse di molestie sessuali e comportamenti impropri: si è prontamente dimesso ammettendo che il suo comportamento è stato in passato “inferiore alle aspettative” richieste ad un uomo nella sua posizione. Si è parlato del fatto che il ministro, durante un convegno, avrebbe palpeggiato il ginocchio scoperto di una giornalista o di una segretaria: se è tutto lì, il peccato appare veniale, ma non mi interessano le mani “passerine” dei ministri inglesi né le ginocchia più o meno pudiche di segretarie e giornaliste. Il discorso è un altro e riguarda i cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche, i quali hanno il dovere, come recita la nostra Costituzione, di adempierle con disciplina ed onore.
Non si tratta di essere moralisti: ognuno infatti è libero di adottare le regole che vuole, salvo risponderne alla propria coscienza ed alle leggi dello Stato, ma se riveste una carica pubblica, il discorso cambia, perché nasce il fondato dubbio che abbia approfittato della sua posizione per molestare altre persone e perché dà indubbiamente un pessimo esempio ai cittadini che lo hanno direttamente o indirettamente responsabilizzato.
In parole povere se uno non fa il ministro può tentare di toccare tutte le ginocchia che vuole, salvo incorrere negli eventuali conseguenti reati ed esporsi alle denunce delle persone “toccate”; se invece lo fa da ministro, ne deve rispondere al di là dei risvolti puramente giudiziari.
È quanto, ad esempio, fingono di non capire Silvio Berlusconi e coloro che lo difendevano e lo difendono sostenendo che fosse libero di organizzare i festini a luci rosse e che chi lo censurava lo facesse per invidia o per falso moralismo. Sono d’accordo sul fatto che sia ben più grave incassare una tangente che sfogare pulsioni erotiche a destra e manca, ma quale affidabilità complessiva mi offre un politico che mescola cariche pubbliche e sesso trasgressivo.
Se il fatto non esiste, il politico ha tutto il diritto di difendere la propria immagine e rimanere al proprio posto, ma, se il fatto esiste, non ci si può nascondere dietro il dito della impossibile distinzione tra sfera pubblica e privata.
Negli Stati Uniti i mafiosi, in passato, sono stati incastrati perché non pagavano le tasse; nel mondo anglosassone i politici vengono messi sul banco degli imputati soprattutto per le loro scorribande erotiche: è frutto di un rigore molto parziale e relativo, da non prendere per oro colato, ma nemmeno da sottovalutare con supponenza.
Resta il titolo di merito dei politici, che, colti in fallo (ogni riferimento di carattere sessuale continua ad essere puramente casuale), hanno la “onorevole” prontezza di riflessi di farsi da parte. Questione di stile, almeno a posteriori.