Mio padre era implacabilmente critico con i faciloni in casa altrui, ma inetti in casa propria: «Coi che all’ostaria con un pcon ad gess in sima la tavla i metton a post tutt; po set ve a vedor a ca’ sova i n’en gnan bon ed far un o con un bicer…».
Prendiamo l’Italia davanti all’emergenza immigrati. È quasi automatico vedere la pagliuzza (forse sarebbe meglio dire la trave!) nell’occhio della Ue. Molti Paesi non sono disposti a farsi carico dei migranti: chi proprio non vuol sapere di quote con cui dividere il carico; chi si trincera dietro la suddivisione tra rifugiati e migranti economici, dando la propria disponibilità solo per i primi; chi chiude i propri porti all’accoglienza delle navi stracolme di fuggiaschi; chi addirittura alza muri difensivi e respingenti. Ognuno ha le sue ragioni per non fare il proprio dovere etico e umanitario: abbiamo già dato, siamo oberati dai nostri problemi, di immigrati ne abbiamo già anche troppi, bisogna rimandare a casa quelli che non hanno un bisogno assoluto, bisogna fermarli prima che partano, guardiamoci dentro perché i terroristi sono in agguato, bisogna essere intolleranti verso chi delinque, etc. etc.
L’Italia è il Paese più esposto e si trova nella condizione di accoglierli, poi si vedrà…e non si vede niente perché vale di fatto una regola cinica secondo la quale gli immigrati chi li ha se li tiene. Molte chiacchiere, molti elogi, pochissima solidarietà concreta, che tende a limitarsi a qualche contributo finanziario (meglio di niente) senza affrontare il problema nella sua drammatica portata.
Ben vengano, in un certo senso, le provocazioni italiane nei confronti della latitanza Ue: la pressante richiesta ad aprire gli altri porti alle navi cariche di disperati, la minaccia di munire gli immigrati di permessi temporanei in modo da poterli far giungere negli altri Paesi Ue, le ritorsioni a livello comunitario su altri capitoli economici o politici, le pressioni a tutti i livelli per coinvolgere i partner europei in un’azione obiettivamente impossibile per la sola Italia. Niente da fare! Le orecchie da mercante si sprecano anche da parte di personaggi teoricamente sensibili.
Angela Merkel, in vista delle elezioni, non si sbilancia, ritiene di avere già dato; Emmanuel Macron, dopo avere stravinto le lezioni presidenziali e parlamentari, non vuole mettere alla prova il suo feeling con i francesi e si nasconde dietro la divisione fra rifugiati e immigrati per sgattaiolare fuori dalla sempre più stretta emergenza europea. Qualcuno ha polemicamente affermato che se la chiusura dei porti francesi fosse stata deliberata da Marine Le Pen, qualora avesse vinto le elezioni, tutti si sarebbero scandalizzati e avrebbero gridato al razzismo di stato, invece con Macron…Non è del tutto vero, ma nemmeno del tutto falso. Al discorso logico, prima che etico-politico, del dividiamoci responsabilità, compiti, costi, impegni, si risponde con un sostanziale e misero “a chi tocca leva”.
Quando però l’Italia cerca di applicare al proprio interno quei criteri che vorrebbe rispettati a livello comunitario, casca l’asino, spunta la trave nel nostro occhio: le Regioni e i Comuni, si comportano, più o meno, come i Paesi i comunitari, le quote non funzionano, si alzano le barricate, i sindaci fanno gli schizzinosi, i prefetti fanno casino, il ministero degli Interni non riesce a governare le situazioni. Sembra facile, ma non lo è, a nessun livello. Scattano comunque meccanismi di rigetto, egoismi geografici e sociali, calcoli di convenienza, accuse reciproche. Anche al nostro interno ognuno ha ragioni da accampare. Fatto sta che non riusciamo a trovare la quadra e non diamo certo una prova di serietà a quell’Europa che inondiamo (giustamente) di critiche.
Aiutati che l’Europa ti aiuta! Invece col gesso sul tavolo europeo vorremmo quadrare quei conti, che non riusciamo a far tornare a casa nostra. Oltre tutto quando i nostri governanti battono i pugni sul tavolo a Bruxelles, a Roma si scatenano le polemiche dei benaltristi e degli antieuropeisti totali, sicché rimaniamo soli, divisi, polemici e inconcludenti. Se Renzi (Gentiloni e Minniti soprattutto) puntano i piedi e osano alzare la voce per rompere i coglioni alla sorda Ue, torniamo al solito schema: “è tutto inutile, dall’Europa è meglio uscire”, oppure “non si fa così, occorre ben altro per confrontarsi con i Paesi europei…”. Minniti per gli uni è un pasticcione convertito alla fermezza, per gli altri un traditore della linea accogliente e integrante.
Resta comunque incontestabile una realtà che ci fa onore: bene o male abbiamo saputo salvare ed accogliere migliaia di disperati. Gli Italiani saranno dei pasticcioni, ma tutto sommato il cuore ce l’hanno e sono capaci di buttarlo oltre l’ostacolo. Non può essere motivo di sollievo, ma di incoraggiamento. Facciamo tutto il possibile a casa nostra e poi andiamo a bussare con forza e credibilità alle porte europee. Speriamo che qualcuno apra…