Le recenti dichiarazioni di Donald Trump, secondo cui le cause del tragico incidente aereo di Washington sarebbero da attribuire alle politiche di diversità, equità e inclusione dei suoi predecessori, aprono scenari inquietanti.
Nel momento del dolore e dello smarrimento per la morte di 67 persone, il presidente americano non ha indugiato un attimo a puntare il dito contro le politiche di inclusione dichiarando, tra l’altro, che i controllori aerei dovrebbero essere «geni con talento naturale. Non possono esserci persone ordinarie in questo ruolo». La causa della collisione tra l’aereo di linea e l’elicottero militare non è stata causata da una persona con disabilità e ancora si deve attendere l’esame delle scatole nere. Trump ha solo trovato l’occasione per colpire una minoranza, un pretesto per svalutare la persona con disabilità, rea di poter costituire una minaccia per la stessa sicurezza del Paese.
La gravità di queste affermazioni non è tanto nella sua irrealistica ricostruzione dei fatti quanto nella narrazione delle politiche di inclusione, che lascia sottintendere come siano programmi diretti a garantire quote di lavoro per mero obbligo, rafforzando il pregiudizio diffuso secondo cui le persone con disabilità non hanno capacità e non possono a priori essere all’altezza di un lavoro, specie se complesso e se richiede capacità intellettuali elevate. È bastata una dichiarazione, ma uscita dalle labbra del presidente degli Stati Uniti d’America, per far tornare evidente lo stigma che ancora accompagna le persone con disabilità che non riescono a essere viste da tutti noi come persone ma come disabili. (dal quotidiano “Avvenire” – Francesca Di Maolo)
Commentando queste dichiarazioni di Trump il cantautore Roberto Vecchioni (se non ho capito male) ha ironicamente lasciato intendere come il pregiudizio verso le persone disabili da parte del presidente americano sia oltre modo paradossalmente ingiustificato dal momento che il suo elettorato è costituito prevalentemente da disabili (lasciando intendere una disabilità di carattere mentale). Parole dure, ma più realistiche che offensive.
Il giornalista Federico Rampini, grande esperto di americanità, quando ancora si profilava uno scontro elettorale fra Trump e Biden, disse che si sarebbe trattato di una gara fra un delinquente e un deficiente. Oggi mi sentirei di chiosare Rampini aggiungendo che mentre il deficiente (ammesso e non concesso che Biden lo fosse… e non ne sarei così sicuro…la storia ce lo fa e farà rimpiangere…) ha avuto il buongusto di ritirarsi dalla contesa, il delinquente ha sommato in sé le due (s)qualifiche vincendo e governando anche da deficiente.
Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello, sarà sottoposto a giudizio. Chi poi dice al fratello: stupido, sarà sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: pazzo, sarà sottoposto al fuoco della Geenna. Così dice Gesù (dal vangelo di Matteo 5,22).
Ebbene ci sto a rischiare di essere sottoposto al giudizio dei tribunali, della Chiesa, di Dio e di finire all’inferno pur di sfogare tutta la mia riprovazione per Donald Trump e per i suoi elettori, i quali, evidentemente, hanno ritenuto che piuttosto di non avere un capo sia meglio averne uno pazzo e criminale. Senonché, di sponda, lo hanno regalato anche a noi. Tutto sommato, ben ci sta!