Governanti da processare, patti orrendi da cancellare

In meno di 24 ore, dal piano giudiziario, il turbolento affaire Almasri deflagra anche su quello politico, con uno scontro al calor bianco fra maggioranza e opposizione, che finisce per innescare la paralisi dell’attività delle Camere fino all’inizio della prossima settimana. Uno stop parlamentare che potrebbe sembrare, prima facie, un punto segnato dalle opposizioni, che protestano a ripetizione in aula, fanno ostruzionismo e alla fine ottengono nelle conferenze dei capigruppo di fermare i lavori fino a che il governo non si presenterà a riferire sul caso. Ma che, a ben vedere, fa comodo pure all’esecutivo per tirare il fiato, evitare di stare h24 sulla graticola e per ragionare su una possibile exit strategy.

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Dal canto suo, l’Associazione nazionale magistrati respinge i dardi di membri di governo che dipingono l’indagine come «una ripicca delle toghe per la riforma costituzionale». Per il segretario uscente, Salvatore Casciaro, è «disinformazione e mi rincresce che simili dichiarazioni provengano da chi ha cariche istituzionali». Alla Procura di Roma, nessuno parla. Ma l’Unione camere penali critica la decisione «disinvolta» del procuratore Lo Voi di dare corso alla denuncia: «Una scelta sbagliata, perché così sulla vicenda Almasri i ministri sono sottratti al confronto col Parlamento – argomenta il presidente degli avvocati penalisti, Francesco Petrelli -. Ci sono evidenti opacità nelle scelte del governo, ma sono di natura politica e andavano sciolte in sede parlamentare». (dal quotidiano “Avvenire” – Vincenzo R. Spagnolo)

L’opinione prevalente è che la vicenda Almasri sia una questione di carattere politico e non giudiziario. Mi permetto di non essere totalmente d’accordo. Siamo proprio sicuri che non si configurino reati nel comportamento dei membri del governo? Lasciamo che decida il competente Tribunale dei ministri per poi eventualmente richiedere al Parlamento l’autorizzazione a procedere, che quasi sicuramente non verrà concessa. Un simile sviluppo della vicenda non coprirebbe ma amplierebbe le responsabilità politiche.

Se non altro il dovuto approccio giudiziario, innescato da un esposto tutt’altro che peregrino, ha portato a galla una vicenda che rischiava di venire insabbiata sotto la coltre della mera ragion di Stato, sulla cui consistenza nutro seri dubbi. Quale può essere la tanto seria motivazione da giustificare una violazione degli obblighi assunti nei confronti della Corte penale internazionale che ha richiesto l’arresto di Almasri in conseguenza di tremendi reati da esso commessi. Accordi con la Libia che peraltro non stanno funzionando? Il flusso migratorio non è peraltro stato arrestato e viene regolato dalla mafia libica al potere, che sfrutta gli aiuti italiani per gestire autentici campi di concentramento tali da far invidia ad Auschwitz e Mauthausen. E questo riguarderebbe la sicurezza della Nazione e l’interesse degli italiani, che Giorgia Meloni sta sbandierando? Ma fatemi il piacere… Si parla di segreto di Stato: non facciamo ridere i polli e soprattutto non facciamo piangere i migranti.

Due magistrati ed un prefetto prestati alla politica, tre polli ruspanti assieme ad una gallina giovane da allevamento stanno facendo cattivo brodo. Rispondano del loro operato sia politicamente che giudiziariamente: ci puzza di bruciato lontano un miglio! Nel caso non può essere accampata la scusa del dilettantismo, peraltro presente nell’attuale governo ad ogni piè sospinto. Come è possibile un simile cortocircuito internazionale? Qui non c’è in ballo una cotta ministeriale, un artistico-culturale conflitto d’interessi, un affarismo aziendale (ogni riferimento è sottinteso), c’è in ballo la vita di migliaia di persone torturate, seviziate, violentate ed ammazzate. Voglio sapere se ciò è avvenuto e sta avvenendo con il tacito e inconfessabile assenso del nostro Paese. Ho il diritto-dovere di saperlo! Non posso che ringraziare l’avvocato Li Gotti e il procuratore Lo Voi per avere innescato una virtuosa procedura e avere tolto il coperchio ad una sciagurata pentola.

Mi stupisce che un autorevole giurista come Sabino Cassese abbia dichiarato, durante un’intervista rilasciata a la7, come il caso Almasri stia sollevando molto rumore per nulla e finisca col deviare la pubblica opinione dai veri problemi italiani. Se il rumore finirà nel nulla non so prevederlo, ma bisogna considerare che a volte il nulla serve a scoprire una parte del tutto o almeno la prepotenza dei capaci di tutto. E poi, forse che le torture di migliaia di migranti eseguite in Libia con l’omertoso se non addirittura complice assenso italiano non rappresentano un problema? La lucidità giuridica non deve distoglierci dall’ancoraggio ai valori e dalla difesa dei principi che sono alla base della civiltà.

Ragion di Stato? Follia di Stato! Segreto di Stato? Complicità di Stato! La questione mi disturba ancor più la coscienza se penso che ad iniziare questo ignobile connubio italo-libico è stato alcuni anni or sono un ministro dell’Interno di sinistra (Marco Minniti) componente di un governo di centro-sinistra (presieduto da Paolo Gentiloni).

Un accordo da 8 miliardi di dollari per aumentare la produzione di gas a favore del mercato interno libico e garantire l’esportazione in Europa, accompagnato da un’intesa per supportare la Libia con cinque imbarcazioni attrezzate nel campo della ricerca e soccorso di migranti in difficoltà in mare.

Stiamo ulteriormente legittimando il governo libico quale partner commerciale e garante del freno al flusso migratorio. Nessuno si preoccupa di vedere come la Libia utilizzi gli aiuti per contenere l’immigrazione verso le nostre coste.  Un patto “vergognoso” come risulta dal rapporto choc dell’Onu che svelò la detenzione arbitraria, le torture e gli stupri a cui sono sottoposti i migranti per mano della guardia costiera libica.

«Se c’è Minniti, allora non vado io». Questo il motivo per cui papa Francesco decise di non partecipare all’incontro finale fra vescovi e sindaci del Mediterraneo, che si tenne a Firenze circa due anni fa: la presenza dell’ex ministro degli Interni Marco Minniti, definito da Bergoglio senza mezzi termini «criminale di guerra» – visto il suo impegno come presidente della Fondazione “Med-Or”, creatura di Leonardo spa, la principale azienda armiera italiana – nonché “padre” degli accordi fra Italia e Libia che consentono di respingere i migranti nei «campi di concentramento» allestiti nel Paese nordafricano (dal quotidiano “il Manifesto”).

In buona sostanza cosa stiamo facendo per (non) gestire il fenomeno migratorio? Facciamo gli schizzinosi e deleghiamo alla Libia e non solo il lavoro sporco per bloccare le migrazioni; non riusciamo a varare uno straccio di politica di accoglienza ed integrazione a livello italiano ed europeo; tolleriamo indirettamente e conseguentemente l’arrivo degli immigrati clandestini da utilizzare speculativamente per i lavori in nero, da sfruttare e ghettizzare vergognosamente, da consegnare ai sottofondi della criminalità.

Dopo l’Onu è stata la volta della Corte penale internazionale dell’Aia e l’Italia fa orecchie da mercante. Non voglio che i miei interessi siano difesi in questo modo da governanti senza scrupoli e senza dignità. Si faccia almeno un po’ di chiarezza. Da italiano non intendo avere nulla a che fare con queste oscenità politiche. Si vergogni chi di dovere e se ne vada a casa su invito del Parlamento e/o della Magistratura. Il Presidente della Repubblica batta un colpo!