Un ragazzo di 23 anni di nazionalità romena è si è impiccato ieri sera nel bagno della sua cella all’interno del carcere romano di Regina Coeli. Stando a quanto riferito dal sindacato Fns Cisl, il giovane detenuto si trovava nella seconda sezione. Come sottolineato dal segretario Massimo Costantino, la casa circondariale soffre da tempo di sovraffollamento e attualmente ospita circa 1050 detenuti sui 618 previsti. Una situazione che secondo Costantino è “sempre più drammatica. Si rischia il collasso del sistema penitenziario, il sovraffollamento e la gravissima carenza degli organici, connotato dalla drammaticità degli eventi sta compromettendo seriamente l’ordine e la sicurezza di tale sede”.
Per il Garante delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale della Regione Lazio, Stefano Anastasia, il 2025 è iniziato peggio del 2024, giudicato “l’annus horribilis delle morti e dei suicidi in carcere”. Quello di ieri, ricorda il garante, è già il quarto suicidio avvenuto in carcere: “Il ragazzo che si è suicidato ieri sera a Regina Coeli è già il quarto in Italia, in meno di dieci giorni, senza contare l’operatore penitenziario che si è tolto la vita nel carcere di Paola. Quando si prenderanno i provvedimenti necessari e urgenti per ridurre la popolazione detenuta e consentire al personale di polizia, educativo e sanitario di farsi carico degli autori di reati più gravi e con lunghe pene da scontare?”.
“Non è mai facile individuare il rischio suicidario, ma se gli operatori devono far fronte al doppio delle presenze in carcere, come è a Regina Coeli, con la metà del personale in organico, l’impresa diventa impossibile. Aprendo la Porta Santa a Rebibbia, Papa Francesco ha esortato i detenuti ad aggrapparsi alla speranza, ma nella speranza di un’alternativa a queste carceri sovraffollate e degradanti dobbiamo crederci anche noi e soprattutto chi ha responsabilità politiche e di governo, prendendo decisioni conseguenti”. (fonte fanpage.it)
Dalla drammatica cronaca passiamo alla cultura, vale a dire ad un modo serio e civile di porsi di fronte alla realtà ed ai suoi problemi per affrontarli e non per eluderli.
Massimo Cacciari, filosofo ed ex sindaco di Venezia, interviene con parole forti sulla riforma della giustizia, definendo il sistema carcerario italiano uno “scandalo di civiltà”.
In un’intervista esclusiva per Notizie.com, Cacciari si è detto pienamente d’accordo con le recenti dichiarazioni di Papa Francesco sull’indulto, sottolineando l’urgenza di un intervento serio e radicale.
Le parole del Pontefice, pronunciate poco prima di Natale dopo la visita al carcere di Rebibbia, hanno colpito profondamente il professore. “Certo che bisogna ascoltare il Papa. Le sue dichiarazioni sull’indulto e sull’amnistia affrontano un tema fondamentale che la nostra classe politica continua a ignorare. Le condizioni delle carceri sono una vergogna per un Paese che si dice moderno.”
Cacciari ha aggiunto che l’indulto, specialmente nell’Anno Giubilare, dovrebbe essere visto come un atto di clemenza e un segnale di civiltà. “La nostra Costituzione dice chiaramente che la pena deve servire al reinserimento del colpevole nella società. Ma oggi il carcere è diventato un’istituzione criminogena, senza alcuna possibilità di riabilitazione.”
Il filosofo non ha risparmiato critiche alla lentezza della giustizia italiana. “Ci sono persone che trascorrono anni in attesa di un processo, e poi magari vengono assolte. È una brutalità. Il carcere dovrebbe essere l’extrema ratio, riservato a chi rappresenta un pericolo per la collettività, non a chi commette reati minori”.
Cacciari ha definito il sistema attuale “una macchina che produce disperazione” e ha esortato la classe politica a intervenire. “Non si può più ignorare questo scandalo. Bisogna riformare radicalmente il regime carcerario e ascoltare quanto ha detto il Papa. Non farlo significa essere complici di un sistema che non offre alcun futuro ai detenuti.”
Concludendo, Cacciari ha ribadito che il carcere dovrebbe servire a rieducare, non a distruggere. “Se non interveniamo ora, siamo davanti a uno scandalo che mina la nostra idea di giustizia e di società moderna. Seguire il Papa sull’indulto non è solo una scelta politica, ma una questione di civiltà”. (fonte Agenzia dire.it)
Sul tema della situazione carceraria è intervenuta la premier Giorgia Meloni nel corso della conferenza stampa di inizio anno. Riporto di seguito domanda e risposta: il solito modo politicante per non affrontare i problemi rinviandoli sine die.
Anna Bredici (Radio Popolare): Buongiorno Presidente. La situazione delle carceri è drammatica, il sovraffollamento a San Vittore ad esempio è del 225% l’affollamento nel carcere, e poi i suicidi, 88 suicidi nel 2024, oggi ce n’è stato un altro a Regina Coeli. All’apertura della Porta Santa di Rebibbia, il Papa per il Giubileo ha parlato della necessità di un’amnistia, il Presidente del Senato si è detto favorevole in qualche modo, ha fatto un’apertura in questo senso. Lei che cosa pensa e cosa risponde quindi al Pontefice?
Presidente Meloni: Guardi io ascolto con sempre con grande attenzione le parole di Papa Francesco, che ringrazio. Chiaramente quello che dice sull’amnistia è contenuto, come lei sa, nella Bolla di indizione del Giubileo e quindi è rivolto ai Governi di tutto il mondo, non è una questione che riguarda specificamente l’Italia. In ogni caso, ovviamente l’Italia intende fare la sua parte per garantire condizioni migliori a chi deve scontare una pena in Italia. Solo che la mia idea non è che questo si debba fare adeguando il numero dei detenuti o i reati alla capienza delle nostre carceri. Io penso che quello che noi dobbiamo fare è adeguare la capienza delle nostre carceri alle necessità, perché questo fa uno Stato serio. Ed è la ragione per la quale noi abbiamo nominato, nelle scorse settimane, un Commissario straordinario all’edilizia penitenziaria, che ha l’obiettivo di realizzare 7.000 nuovi posti in tre anni, a partire dal 2025. Quindi, secondo me il modo serio di risolvere questa questione non è con le amnistie, con gli indulti, con gli svuota-carcere, con quello che abbiamo visto in questi anni, è un altro. È da una parte ampliare la capienza delle nostre carceri, poi parallelamente stiamo lavorando per rendere più agevole il passaggio dei detenuti tossicodipendenti in comunità e, come lei sa, molto spesso facciamo e cerchiamo di intensificare il numero degli accordi con gli altri Paesi che consentono anche alle persone straniere condannate in Italia di scontare la pena nel Paese d’origine. Questo è il modo con il quale, secondo me, si garantisce un sistema carcerario più dignitoso per i detenuti.
Negli Usa è avvenuto un fatto eloquente sul tema carcerario: un modo, a dir poco eticamente bizzarro, istituzionalmente vergognoso e politicamente vomitevole, per scarcerare i potenti e tenere in carcere gli umili. Una sorta di Magnificat a rovescio. Ecco di seguito la relativa notizia.
l presidente eletto degli Stati Uniti, Donald Trump, è stato condannato nel caso dei pagamenti a Stormy Daniels ma non andrà in carcere. Lo ha detto il giudice Juan Merchan leggendo la sentenza. A Trump non sarà comminata neanche una multa. La condanna comunque macchia la fedina penale del presidente eletto.
Trump ha definito il caso che lo vede condannato “una caccia alle streghe politica”. “Sono innocente, è stata una caccia alle streghe politica per danneggiare la mia reputazione”, ha detto il presidente eletto in videocollegamento. “Questo caso è stata una brutta esperienza ed un fallimento del sistema giudiziario di New York”, ha aggiunto, sottolineando che “l’evento di oggi è stata una farsa spregevole e, ora che è finito, faremo appello contro questa bufala che non merito”.
Il giudice Merchan ha spiegato, subito dopo la lettura della sentenza di condanna, che la decisione di non comminare alcuna pena è stata determinata dal suo imminente ritorno alla Casa Bianca. “Sono stati i cittadini di questa nazione a decidere che lei debba godere di protezioni come la clausola di supremazia e l’immunità presidenziale”, ha detto il giudice rivolgendosi al presidente eletto al quale alla fine ha augurato “buona fortuna per il secondo mandato”.
Con questa sentenza, Trump diventa il primo presidente nella storia degli Stati Uniti a essere condannato per un crimine prima dell’insediamento alla Casa Bianca. (fonte ANSAit)