“Mi hanno chiesto di spogliarmi, di togliermi le mutande e fare tre squat per dei controlli, a detta loro”. Lo racconta una delle attiviste di Extinction Rebellion in un video pubblicato sulla pagina Telegram del movimento ambientalista ieri sera. I fatti sarebbero avvenuti in questura a Brescia, dove sono stati portati i militanti di Extinction Rebellion, Palestina Libera e Ultima Generazione che ieri mattina hanno bloccato l’ingresso della sede di Leonardo.
Il video è stato pubblicato ieri sera, quando “dopo oltre 7 ore di fermo in questura, sono state rilasciate le 23 persone di Extinction Rebellion, Palestina Libera e Ultima Generazione che erano state fermate dopo la manifestazione alla Leonardo spa di Brescia”. La richiesta di spogliarsi ed eseguire gli squat – a quanto denuncia Extinction Rebellion – sarebbe stata fatta solo alle donne, non agli uomini. “Chiederemo giustizia, anche questa volta, affinché il diritto al dissenso venga difeso, onorato e protetto”, scrive il movimento ambientalista, chiedendo di diffondere la testimonianza.
Sull’episodio il vice capogruppo di Avs alla Camera Marco Grimaldi ha depositato un’interrogazione parlamentare. “Spieghino gli agenti della questura di Brescia come mai hanno sottoposto a 7 ore di fermo persone che avevano fornito i documenti e quindi non dovevano essere trattenute in base all’articolo 349 del codice di procedura penale. Ma, soprattutto, spieghino perché donne e ragazze sarebbero state costrette a spogliarsi e a eseguire piegamenti sulle gambe”, chiede Grimaldi, aggiungendo che “di questi abusi, dopo il 2001, ne abbiamo abbastanza. Come ne abbiamo abbastanza delle denunce arbitrarie, che regolarmente cadono davanti al pm, e dei fogli di via elargiti a chiunque manifesti”. (Adnkronos)
Nei giorni scorsi si sono verificati gravi disordini durante le manifestazioni di protesta contro il comportamento delle forze dell’ordina nella vicenda di Ramy Elgaml, 19 anni, egiziano, ma residente in Italia da anni, morto in un incidente avvenuto il 24 novembre a Milano, mentre era a bordo di uno scooter guidato dall’amico tunisino Fares Bouzidi, di 22 anni, dopo un inseguimento di 8 chilometri da parte di tre pattuglie dei carabinieri.
Avrebbe compiuto 20 anni lo scorso 17 dicembre. Subito dopo la sua morte sono scoppiate tensioni e violenze nel quartiere periferico di Corvetto. Successivamente, sono circolati diversi video dell’inseguimento. Per i carabinieri il giovane è caduto dallo scooter, per i legali delle famiglie di Ramy e di Fares si è trattato di uno “speronamento volontario”.
In varie città italiane e in un clima sempre più incandescente, molti giovani sono scesi in piazza per protestare per la morte del ragazzo, chiedendo “verità e giustizia”. Le ultime manifestazioni si sono svolte ieri a Roma, dove tra gli altri era presente anche Zerocalcare, Milano, Bologna. Nella capitale ieri sera sono avvenuti scontri con la polizia e il dibattito politico è tornato ad infuocarsi sui temi della sicurezza. (Ansa.it)
Nella confusione venutasi a creare sulla triste realtà del problema nei rapporti tra forze dell’ordine e trasgressori delle regole nonché tra manifestanti e forze dell’ordine (una delicata zeppa!), è emersa l’intenzione governativa di varare provvedimenti urgenti a radicale discolpa dei comportamenti a dir poco borderline dei poliziotti altrimenti sottoposti a inchiesta da parte della magistratura.
Sono perfettamente d’accordo col professor Massimo Cacciari che ha enumerato i tanti motivi di protesta che sussistono nel nostro Paese: le proteste possono dare fastidio, ma sono il sacrosanto sale della democrazia. I cittadini non devono aspettare le elezioni per manifestare vigorosamente il loro dissenso, sarebbe troppo comodo per chi esercita il potere.
Si può esprimere dissenso anche verso il comportamento di polizia e carabinieri: nessuno è esente da colpe, vale a dire da eccessi colposi in difesa dell’ordine pubblico. L’attuale governo ha debuttato con le cariche agli studenti e continua con la santificazione ante litteram delle forze dell’ordine.
Detto questo so benissimo, per annosa esperienza diretta, che nelle pubbliche manifestazioni di protesta si insinuano persone che approfittano del clima surriscaldato per sfogare con violenza la loro rabbia più o meno comprensibile. Inaccettabile è comunque la violenza da parte dei manifestanti, ma anche da parte delle forze dell’ordine.
Non accetto il manicheismo dell’ordine pubblico che ritiene tutti i manifestanti demoni divisori e tutti i poliziotti angeli custodi. Chi può escludere a priori che chi indossa una divisa possa approfittare nel reagire con eccessiva violenza o addirittura con sadismo ai comportamenti provocatori di manifestanti e trasgressori. Gli esempi nella storia passata e presente purtroppo non mancano. E allora andiamo adagio a colpevolizzare chi protesta e a santificare chi argina la protesta.
Sono ancora una volta d’accordo con Massimo Cacciari quando non accetta la pretesa che gli immigrati debbano dimostrare la loro integrazione rinunciando a protestare, quasi che la loro accoglienza fosse condizionata alla supina accettazione del sistema. Non lo accetto io, che sono cittadino italiano, non vedo perché dovrebbe accettarlo pedissequamente un immigrato.
Allora parliamo seriamente di violenza! È certamente violenza quella di chi sfascia le vetrine dei negozi, quella di chi aggredisce i tutori dell’ordine pubblico, ma è violenza anche quella di chi sfrutta vergognosamente il lavoro degli immigrati e anche quella dei poliziotti che trasformano i loro compiti in veri e propri pestaggi.
A volte i confini tra protesta e violenza sono difficili da stabilire così come i confini tra difesa dell’ordine pubblico e attacco violento ai manifestanti. Lo dico per esperienza diretta, essendomi trovato in mezzo a certe caotiche situazioni in cui i doveri e i diritti si confondono e si scontrano. Non per questo si possono direttamente o indirettamente vietare le manifestazioni e criminalizzare chi vi partecipa.
Dovrebbe essere compito della magistratura individuare i suddetti confini, indagare chi li abbia superati e punire i trasgressori, ammesso e non concesso che i giudici abbiano il coraggio di farlo senza parteggiare per gli uomini in divisa come spesso è accaduto. Il governo non può fare di ogni erba un fascio. So perfettamente che fare il ministro degli Interni non è un mestiere facile, ma, se uno non se la sente o non è capace, tolga il disturbo e non aggiunga casino a casino.
Durante la conferenza stampa di inizio anno la premier Giorgia Meloni ha definito professionale il comportamento dei carabinieri nella triste vicenda Ramy. Non è meglio aspettare i risultati dell’indagine in atto prima di assolverli o addirittura elogiarli?
Che senso ha poi inserire nell’ordinamento giudiziario una norma che copre aprioristicamente le responsabilità delle forze dell’ordine? Non rischierebbe di dare ad esse una sorta di inquietante licenza a sbrigativo intervento?
E poi perché è inaccettabile la violenza in certe manifestazioni pubbliche (sia chiaro la considero anch’io inaccettabile), mentre si tollerano i raduni neofascisti dove si inneggia alla violenza del passato regime, molto più grave di quella delle attuali scaramucce?