Mentre la politica interna statunitense è alle prese con gli effetti devastanti degli incendi in California (fa un certo effetto che uno Stato capace di andare sulla luna non riesca a domare gli incendi sulla propria terra), la politica interna francese e quella tedesca sono condizionate dalle imminenti elezioni, quella austriaca dall’inquietante dopo elezioni, le questioni italiane di politica interna girano attorno alle ansie governative di Matteo Salvini, il quale, stando alle indiscrezioni ed ai retroscena, punterebbe vigorosamente a tornare ad occupare il posto di ministro degli Interni.
Faccio sinceramente fatica a capire il perché di questa irrequietezza salviniana. Probabilmente il Ministero dei trasporti e delle infrastrutture, al di là della insopportabile megalomania del ponte sullo stretto, non gli concede la desiderata visibilità, ma addirittura lo mette in qualche serio imbarazzo (vedi le disavventure ferroviarie che, per la verità molto strumentalmente, gli vengono totalmente addebitate).
Forse il ministero degli interni gli offrirebbe maggiori possibilità di intervenire sulla questione immigrazione, sulla lotta alla delinquenza, sulla gestione dell’ordine pubblico, tutti argomenti caldi a livello di pubblica opinione orientata a destra.
Forse l’eccessiva esposizione politico-mediatica di Giorgia Meloni lo infastidisce e non gli lascia scampo se non quello di cercare qualche contrappeso con cui far valere la propria identità.
Forse i contrasti interni al suo partito (il libro cuore leghista: Salvini-Franti contro Zaia-Garrone) lo obbligano a qualche manovra che distragga l’attenzione e lo riporti in primo piano almeno dal punto di vista dell’immagine.
Forse Matteo Salvini è stanco di vedersi scippare quote consistenti di elettorato e intende recuperare a costo di creare qualche grosso grattacapo al governo di cui fa parte.
Forse la recente sentenza assolutoria riguardo ai reati in materia migratoria, se da una parte lo ha paradossalmente privato del comodo ruolo di “vittima”, dall’altra parte lo sta spingendo ad un ruolo protagonistico non sufficientemente coperto dagli attuali incarichi governativi.
Peraltro il discorso ha avuto eco persino nella conferenza stampa di inizio anno della premier.
Francesco Bechis (Il Messaggero): Buongiorno Presidente, siamo un po’ al giro di boa della legislatura, c’è una parola che ha iniziato a fare capolino nel dibattito politico, rimpasto. Le chiedo allora se lei esclude categoricamente che Matteo Salvini possa diventare Ministro dell’interno entro la fine della legislatura, come lui stesso ha detto di aspirare un giorno a fare e ha detto ne avreste parlato insieme e poi restando in tema se Daniela Santanché sarà rinviata a giudizio dovrà dare dimissioni da Ministro del turismo? Grazie.
Presidente Meloni: Allora, lei dice che la parola rimpasto ha cominciato negli ultimi giorni a fare capolino, le segnalo che la parola rimpasto ha fatto capolino più o meno dopo due settimane che ero al Governo, una parola alla quale sono abituata e alla quale non sono tendenzialmente favorevole. Segnalo oltretutto che prima del giro di boa del Governo, a due anni e qualcosa, questo è già il settimo Governo per longevità nella storia d’Italia su 68 governi, se non vado errata, nella storia nazionale e quindi procediamo a grandi falcate per scalare ulteriori posizioni. Dopodiché Matteo Salvini sarebbe un ottimo Ministro degli Interni. Ho già risposto su questo e ha ragione Matteo Salvini quando dice che in assenza del procedimento giudiziario – che abbiamo visto come è andato – ragionevolmente Matteo Salvini avrebbe chiesto e ottenuto di avere il Ministero degli Interni, però anche Piantedosi è un ottimo Ministro degli Interni, lo voglio ringraziare, e quindi non penso che allo Stato attuale, diciamo, sia per la vicenda del rimpasto, sia perché abbiamo già un ottimo Ministro degli Interni, questa cosa sia all’ordine del giorno. Sulla Santanchè vediamo, diciamo non sono la persona che giudica queste cose prima che accadano, per cui vediamo che cosa deciderà la magistratura e poi ne parlerò ovviamente col Ministro Santanchè.
La risposta di Giorgia Meloni è stata all’insegna di un “promoveatur ut firmum sit”: la premier non vuol cercare freddo per il letto, ha ben altre questioni in testa e muovere le biglie potrebbe innescare situazioni politicamente pericolose.
Salvini lo sa benissimo e allora perché continua, seppure sotto traccia, a rompere i coglioni? Non è un gran dilemma! Siamo ben lontani dalle grane che Umberto Bossi sapeva creare a Silvio Berlusconi. Sì, sarò esageratamente passatista, ma ho nostalgia per il leader storico leghista a cui Salvini non è degno nemmeno di slegare i lacci dei sandali.
In conclusione azzardo una ipotesi di quadratura del cerchio. La politica è alla disperata ricerca di un ruolo al di fuori dei reali problemi del Paese: la presidente del Consiglio, al riguardo, ha la chance di giocare a fare la statista a livello internazionale, il ministro delle infrastrutture ha la possibilità di fare i capricci puntando ad ottenere un giocattolo alternativo. I media vanno sempre più alla deriva ciarliera e trovano qualcosa su cui scaricare penosamente la loro inconsistente verve giornalistica.