“Oggi in Italia – si legge nel Rapporto 2024 su Povertà ed esclusione sociale di Caritas italiana, pubblicato in vista della Giornata mondiale dei Poveri istituita da papa Francesco – vive in una condizione di povertà assoluta il 9,7% della popolazione, praticamente una persona su dieci. Complessivamente si contano 5 milioni 694mila poveri assoluti, per un totale di oltre 2 milioni 217mila famiglie (l’8,4% dei nuclei). Il dato, in leggero aumento rispetto al 2022 su base familiare e stabile sul piano individuale, risulta ancora il più alto della serie storica, non accennando a diminuire”. “Se si guarda infatti ai dati in un’ottica longitudinale – si legge ancora -, dal 2014 ad oggi la crescita è stata quasi ininterrotta, raggiungendo picchi eccezionali dopo la pandemia, passando dal 6,9% al 9,7% sul piano individuale e dal 6,2% all’8,4% sul piano familiare”.
Numeri che hanno dell’incredibile per un Paese civile e democratico come dovrebbe essere l’Italia, di fronte ai quali mi concedo una piccola trasgressione rispetto al solito taglio dei commenti ai fatti del giorno. Scelgo cioè di partire da un evento piuttosto “insignificante” per arrivare a trarne una morale politica e religiosa anche riguardo al tema della povertà da cui sono partito.
Sto per entrare nella chiesa dell’Oratorio dei Rossi in via Garibaldi e noto uno strano soggetto appoggiato al muro, a piedi nudi e sporchi, con lo sguardo fisso nel vuoto: un accattone sui generis che non chiede elemosina, un immigrato probabilmente clandestino rassegnato a vivere di taciti espedienti, forse una persona con seri problemi mentali.
Ho fatto qualche passo, poi sono tornato indietro per fare un tentativo di dialogo, ma ho capito che non sarebbe servito a niente. Allora ho pensato di entrare in chiesa e di verificare se qualcuno lo avesse conosciuto, ma soprattutto cosa si sarebbe potuto fare per aiutarlo in qualche modo. Non ho fatto in tempo: si è allontanato forse perché aveva capito di essere stato notato e aveva paura.
Avrei dovuto intervenire e provare a parlare con lui: sono stato incerto e lui non me ne ha comunque e giustamente dato il tempo. Ci ho riflettuto a lungo, prima, durante e dopo la messa a cui ho partecipato. Sono arrivato a due acide e demagogiche riflessioni.
La prima è di carattere politico. Nella nostra città il sindaco non è di sinistra? Se sì, dovrebbe occuparsi un po’ di queste persone e lasciare perdere le fanfaronate culturali in cui eccelle. Cosa avrebbe fatto davanti a un simile strano soggetto il sindaco Giorgio La Pira? Probabilmente lo avrebbe portato a casa sua per capire di cosa avesse bisogno e poi sarebbe magari intervenuto di tasca propria. Tanti anni fa a Firenze La Pira faceva così. Demagogia? Democrazia!
La seconda è di tipo religioso. Non sono forse un cristiano? Se sì, dovrei occuparmi di queste persone e lasciare perdere le forbite e vuote devozioni in cui mi esercito. Cosa avrebbe fatto in un caso simile san Francesco, che ricordiamo enfaticamente a livello liturgico? Lo avrebbe soccorso con la sua geniale semplicità e avrebbe ringraziato Dio per avercelo donato. Tanti anni fa ad Assisi e zone limitrofe san Francesco faceva così. Sognante solidarietà? Vangelo!
Quando Michele Guerra si presenterà alle prossime lezioni, ci sarà qualcuno che gli chiederà cosa ha fatto per la povera gente? E magari lo provocherà: “Ma tu non dovevi essere un amministratore di sinistra? Faresti meglio a cambiare mestiere o casacca…. Forse hai bisogno di essere adibito ai servizi sociali. Sì, perché l’indifferenza è un furto e quindi della tua rielezione ne riparleremo a pena scontata…”. Lui risponderà sventolando i risultati di un’indagine che lo considerava un ottimo sindaco. Gli ribatteranno che non si vota in base ai sondaggi, ma ai giudizi spassionati sulle scelte amministrative, quindi… meglio non ripresentare la candidatura.
Sicuramente quando, dopo la morte, mi accosterò al trono dell’Altissimo, il Padre Eterno mi chiederà conto. “Guarda, mi dirà, che in quel poveraccio c’ero io, e tu non hai avuto il coraggio di dirmi nemmeno una parola… Forse hai bisogno di un po’ di purgatorio. Meriteresti l’inferno, ma dal momento che sono misericordioso…”. Io proverò a scusarmi, affermando di avere recitato tante preghiere e di avere partecipato a tanti sacri riti. Ancora peggio e allora mi converrà stare zitto per non finire dritto-dritto all’inferno.
Non possiamo far finta di non vedere la povertà, pensare che non esista, che sia un’invenzione della politica di sinistra, che poi i poveri magari non li ha neanche in nota (vedi sopra), che sia un’opzione per poche anime belle e buone, che sia un fenomeno inevitabile da rimuovere mentalmente. La Caritas ce lo sbatte in faccia con i suoi report e quel poveraccio di cui sopra in carne ed ossa rientra negli scioccanti numeri in essi contenuti.