La civiltà dell’inferno

Dieci chilometri al largo di Lampedusa. Gridava aiuto nel buio della notte, aggrappata a due camere d’aria. Una bambina di 11 anni, che dice di chiamarsi Yasmine e di provenire dalla Sierra Leone, è stata salvata alle 3:20 di mercoledì 11 dicembre a dieci miglia da Lampedusa dall’equipaggio della nave Trotamar III, dell’organizzazione non governativa tedesca Compasscollective. La piccola ha raccontato di essere sopravvissuta per tre giorni in mare dopo il naufragio del barchino su cui viaggiava con altre 44 persone, tra cui suo fratello. La carretta del mare sarebbe partita da Sfax, in Tunisia. Pare essere l’unica sopravvissuta: gli altri migranti sono, al momento, dispersi. (da wired.it)

Non indulgo a istintive ed emotive espressioni e non mi interesso all’inchiesta che vorrebbe appurare la verità sulla vicenda di questo ennesimo naufragio. Preferisco rifarmi al breve commento rilasciato da Massimo Cacciari durante la presentazione del suo libro “La passione secondo Maria” avvenuta nel programma Rai “Quante storie”: un libro che analizza in modo stimolante ed affascinante la figura di Maria madre di Gesù, lasciandosi guidare soprattutto ma non solo dal dipinto della Madonna del parto di Piero della Francesca.

Dopo aver visto la foto del drammatico salvataggio di questa bambina il noto filosofo ha dichiarato testualmente: «Da vent’anni assistiamo a queste cose e anche più, c’è un trauma, uno choc iniziale e poi non si riflette. Se questo è il nostro modo di accogliere e di donare, a quale civiltà apparteniamo? Alla civiltà emergente dalle immagini di Maria o all’inferno. Di chi siamo figli?».

Da credente mi trovo perfettamente in linea con queste ficcanti parole di un laico. Aveva ragione il cardinale Carlo Maria Martini quando affermava: «C’è in noi un ateo potenziale che grida e sussurra ogni giorno le sue difficoltà a credere».

Don Andrea Gallo diceva: «Io trovo del cristianesimo negli altri, trovo del cristianesimo nell’ateo… cioè la buona novella. Chi mi dà una buona notizia è un evangelista».

Quanto al merito del commento di Massimo Cacciari, vorrei sottolineare come egli abbia colto il nocciolo del problema dell’accoglienza ai migranti: una questione di civiltà. Se ci riteniamo persone civili abbiamo l’obbligo di rapportarci ai migranti in modo serio, diversamente cadiamo nell’inciviltà camuffata da realismo, da stato di necessità, da gestione dei flussi, da guerra agli scafisti, da politica europea, etc. etc. Tutte balle che stanno in poco posto. Il discorso vale per tutti, a maggior ragione per chi si considera cristiano.

Infatti «il cristiano non potrà mai accettare che carità fraterna, solidarietà, accoglienza siano variabili da sottomettere alle necessità della realpolitik» (Enzo Bianchi, Priore della comunità monastica di Bose).