È durissimo il giudizio del Consiglio d’Europa sui Cpr d’Italia. Non è una novità che si alzino voci di dissenso contro i Centri di permanenza per il rimpatrio ma è la prima volta che arriva un rapporto-choc dal Comitato Europeo per la Prevenzione della Tortura del Consiglio d’Europa, organizzazione internazionale non Ue con sede a Strasburgo. Migranti maltrattati e sedati con psicofarmaci, l’organo anti-tortura del Consiglio d’Europa, non usa mezzi termini e afferma di «aver riscontrato diversi casi di presunti maltrattamenti fisici e uso eccessivo della forza da parte di agenti di polizia». Inoltre, nel report si rileva «la pratica diffusa della somministrazione di psicofarmaci non prescritti e diluiti in acqua, come documentato nel centro di Potenza». (dal quotidiano “Avvenire” – Daniela Fassini)
Il CPT non è un organo investigativo, bensì uno strumento non giudiziario, a carattere preventivo, destinato a proteggere le persone private della libertà dalla tortura e da altre forme di maltrattamenti. Affianca e completa in tal modo le attività giudiziarie della Corte europea dei diritti dell’uomo.
Questa notizia da una parte mette i brividi e ci sprofonda nella più vergognosa delle inciviltà, dall’altra parte oserei dire che risulta quasi ovvia in un sistema che sopporta in genere una situazione carceraria insostenibile che si sta addirittura tentando di peggiorare (vedi trattamento delle madri incarcerate e dei loro figli in tenera età).
In poche parole, se trattiamo male i nostri connazionali, o comunque le persone soggette alla nostra giurisdizione, detenuti nelle patrie galere, figuriamoci come potremo trattare i migranti in attesa di essere rimpatriati. Come volevasi dimostrare. Con la differenza che i migranti non sono colpevoli di reati da galera, ma solo di aver tentato di introdursi nel nostro territorio, più o meno clandestinamente, in cerca di umana sopravvivenza.
Il suddetto Comitato ammette le difficoltà nella gestione dei Cpr, ma chiede almeno che esista un organo terzo che sovrintenda e che controlli sistematicamente le situazioni. Campa cavallo che l’erba (non) cresce.
Ora partirà la difesa d’ufficio. Le colpe, come al solito, ricadranno sulla Ue che non è capace di coordinare la gestione dei migranti, sulle Ong che proditoriamente salvano i migranti e ne incoraggiano il flusso, sui buonisti che vogliono accogliere tutti indistintamente.
Mi viene spontaneo fare un parallelo fra le torture gratuite che vengono inflitte agli animali destinati al macello e quelle riservate ai migranti destinati al rientro nella loro disgraziata patria. Già azzardare tale paragone è qualcosa di inumano, ma purtroppo penso sia drammaticamente realistico. Mia madre direbbe che queste persone vengono trattate “cme i rosp al sasädi”. E in questa metafora ci sono due livelli di inciviltà: il fatto di considerare i migranti come rospi, ma non basta perché c’è il seguito della sassaiola.
Dal momento che non li possiamo accogliere il buongusto vorrebbe che almeno li trattassimo decentemente in attesa di rimpatriarli. Nossignori, li accatastiamo come rifiuti in attesa del loro smaltimento.
Poi non possiamo più stupirci di niente, non possiamo gettare pietre contro le fosse comuni, contro gli eccidi, contro le torture perpetrate in altre zone calde del pianeta. Abbiamo i nostri abbondanti peccati che ce lo impediscono.