Le Chiese ortodosse in guerra

«I parrocchiani della comunità di San Michele nel villaggio di Zeleniv, diocesi di Chernivtsi, hanno acquistato un’auto per le forze armate ucraine. Il veicolo è stato benedetto dall’arciprete Ihor Popivchu». La vettura grigia è circondata dai fedeli e dal rettore della parrocchia nella foto che apre il sito della Chiesa ortodossa ucraina: quella che, secondo le autorità nazionali, rimane un’emanazione del patriarcato di Mosca. La notizia della donazione a favore dell’esercito di Kiev viene pubblicata mentre il Parlamento ucraino approva le nuove norme che mettono al bando ogni «organizzazione religiosa subordinata a quelle del Paese aggressore». Dopo un anno e mezzo di tensioni e battute d’arresto, diventa legge il testo che punta a difendere la «sicurezza nazionale» e che rafforza «la nostra indipendenza spirituale», commenta il presidente Volodymyr Zelensky. Il via libera arriva a larga maggioranza: con 265 voti a favore e appena 25 contrari. Nelle disposizioni non si fa riferimento alla Chiesa che affonda le sue radici in Russia ma la legge ha come unico bersaglio la comunità ecclesiale che, secondo la commissione speciale del Servizio statale per la libertà di coscienza, è «ufficialmente collegata con il patriarcato di Mosca». (dal quotidiano “Avvenire”)

Mia sorella Lucia, in questi giorni ne ricorre l’undicesimo anniversario della morte, quando vedeva in televisione immagini relative alla Chiesa ortodossa, non andava per il sottile e, riferendosi al perverso intreccio consolidatosi con il potere politico, affermava spietatamente: “Brutta gente!”.

La concatenazione degli eventi accennati nel succitato articolo dimostra ancora una volta che religione e potere non possono andare d’accordo se non a pena di combinare disastri.

Non mi piace affatto che una comunità cristiana acquisti un’auto per le forze armate e, ancor più, che questo veicolo venga benedetto nel nome di Dio.

Non mi piace affatto che la Chiesa ortodossa si divida tra fedeltà al patriarcato di Mosca e, tramite esso, sostenga la Russia, ma non mi piace nemmeno che gli ortodossi ucraini si schierino acriticamente dalla parte dell’esercito e del potere nazionali.

Mi piace ancor meno che il parlamento ucraino vari una legge che fissa sostanzialmente l’indipendenza spirituale dal Patriarcato di Mosca. Le coscienze non si guidano con le leggi, ma con la Parola di Dio.

Questa mescolanza fra religione e politica, fra pace e guerra, fra fede ed eserciti è antievangelica, in Russia come in Ucraina. La Chiesa ortodossa non sta certamente facendo un buon servizio alla causa della pace.

Gesù si guardò bene dallo schierarsi politicamente a favore degli ebrei contro l’invasore romano e, con ogni probabilità, fu uno dei motivi che lo portò in croce. Ha persino invitato Pietro a rimettere la spada nel fodero nonostante fosse servita per legittima difesa.

Mio zio Ennio sacerdote, durante il periodo della Resistenza al nazi-fascismo, si dette molto da fare, non per benedire le armi dei resistenti, ma per scambiare i prigionieri, per nascondere gli ebrei perseguitati, per alleviare le sofferenze di tutti, rischiando grosso in nome di un Vangelo incarnato ma non politicizzato.

Mi rendo perfettamente conto di come non sia facile evitare il rischio di stare dalla parte sbagliata del manico senza affilare la lama di chi sta in prima linea dalla parte “giusta”: è la scommessa evangelica di stare con chi soffre e di rifiutare la violenza e la guerra senza se e senza ma.