Un’ombra pesante, un’ombra criminale va ad offuscare la memoria dell’Abbé Pierre, il sacerdote francese, apostolo dei poveri soprattutto attraverso la fondazione del Movimento Emmaus, morto il 22 gennaio 2007 all’età di 94 anni. Il religioso, infatti, sarebbe stato responsabile di numerosi episodi di violenza e molestia sessuale. A testimoniarlo sono gli stessi organismi che fanno riferimento a quello che in vita è stato riconosciuto come figura di riferimento, anche attraverso gesti spettacolari, nella lotta alla miseria. Emmaus international, Emmaus France e la Fondazione Abbé Pierre hanno deciso di rendere pubblici fatti «legati alla violenza o alle molestie sessuali» da lui commesse tra la fine degli anni ’70 del secolo scorso e il 2005. L’indagine è partita un anno fa dalla denuncia di una donna ma da subito è stato chiaro che non si trattava di un episodio isolato. Per questo Emmaus international, Emmaus France e la Fondazione Abbé Pierre hanno incaricato una società esperta nella prevenzione della violenza, il gruppo Egaé, di raccogliere le altre denunce. In particolare, sono state ascoltate le testimonianze di sette donne. Una di loro, informa la nota che rende pubblici gli esiti dell’inchiesta, «era minorenne all’epoca dei primi fatti. Secondo le informazioni raccolte, diverse altre donne hanno subito episodi simili, ma non sono state ascoltate». Di lì in poi, prosegue il comunicato, «è stato messo a punto un sistema di raccolta di testimonianze e di sostegno, strettamente confidenziale, rivolto alle persone che sono state vittime o testimoni di comportamenti inaccettabili da parte dell’Abbé Pierre».
Non c’è infatti nessuna volontà di sminuire l’accaduto nel comunicato che rende noti gli abusi. Anzi, le organizzazioni che hanno pubblicato l’esposto «rendono omaggio al coraggio delle persone che hanno testimoniato e reso possibile, attraverso le loro parole, portare alla luce queste realtà. Noi gli crediamo, sappiamo che questi atti intollerabili hanno lasciato il segno e siamo dalla loro parte». Ciò non toglie, naturalmente, che «queste rivelazioni scuotono le nostre strutture, all’interno delle quali la figura dell’Abbé Pierre occupa un posto di rilievo. Ognuno di noi conosce la sua storia e il suo messaggio. Queste azioni cambiano profondamente il modo in cui guardiamo a un uomo noto soprattutto per la sua lotta contro la povertà, la miseria e l’esclusione». Lo stesso Abbé Pierre, peraltro in una celebre intervista pubblicata nel 2005 aveva ammesso di aver violato il voto di castità. «Mi è capitato di cedere al desiderio sessuale in modo passeggero – disse -. Ma non ho avuto mai un legame regolare, perché non ho lasciato che il desiderio sessuale prendesse radici. Questo mi avrebbe portato a vivere una relazione duratura con una donna: ciò era contrario alla mia scelta di vita. Ho conosciuto l’esperienza del desiderio sessuale e del suo rarissimo soddisfacimento che è stato sorgente di insoddisfazione. Per essere pienamente soddisfatto, il desiderio sessuale ha bisogno di esprimersi in una relazione amorosa, tenera, fiduciosa». (dal quotidiano “Avvenire” – Riccardo Maccioni)
Parto da una considerazione del sacerdote, teologo e biblista Padre Maggi: «Il fatto è che siamo abituati a un Vangelo all’acqua di rose. Nella Chiesa si sono accentuati certi aspetti su cui Gesù non ha mai aperto bocca. Pensiamo alla sessualità. Sulla ricchezza, il potere, l’ambizione Gesù era severo. Ho proposto da sempre la radicalità del Vangelo: prima viverlo».
Non vorrei che alcuni pur gravissimi peccati sessuali commessi dall’Abbé Pierre ne squalificassero tutta la testimonianza a favore dei poveri. Il sesso per i cristiani è una sorta di “maledizione”, mentre invece dovrebbe essere vissuto come un dono meraviglioso, un’autentica benedizione. Probabilmente l’Abbé Pierre è rimasto vittima del considerare la scelta di vita sacerdotale incompatibile con una relazione amorosa, ragion per cui, dal momento che il desiderio sessuale non si può reprimere più di tanto e forse non si dovrebbe nemmeno tentare di reprimerlo, il compromesso deteriore diventa lo sfogo brutale, l’avventura passeggera e magari persino abusiva e violenta.
È ora di lasciare che coloro i quali all’interno della Chiesa operano scelte di vita di servizio, evangelicamente importanti e fortemente qualificanti, possano avere a loro discrezione una vita sessuale normale e costruttiva senza assurde inibizioni e proibizioni e senza soffrire veri e propri complessi di natura sessuale, che possono essere l’anticamera di devianze e violenze.
Perché con le proibizioni di carattere sessuale vogliamo condizionare la vita dei sacerdoti, arrivando a “costringerli” a rifugiarsi nell’avventurismo eterosessuale, nel surrogato omosessuale, nello squallido mercimonio, nello sfogo violento, addirittura nella pedofilia e nei reati di violenza e molestia sessuale?
Perché, con la cosa più bella del mondo ridotta a distrazione peccaminosa, vogliamo rovinare tutto e, dopo aver sporcato l’acqua sessuale, la buttiamo assieme al bambino delle buone opere a favore del prossimo?
La Chiesa in passato ha coperto a babbo morto le malefatte dei suoi seguaci, nascondendo le vittime in parte da essa stessa create, ed oggi insiste nell’imporre uno schema che difficilmente può reggere in quanto contro natura anche se finalizzato alla migliore delle intenzioni.
Non tutti purtroppo possono avere il coraggio e l’equilibrio di don Andrea Gallo, che diceva: «Il sesso è anche un piacere. Fisico, intendo. E non me ne vergogno. Come prete non posso praticare la scelta del sesso, ma immaginarlo almeno un po’ praticato da altri, mi rende l’animo più gaudente e allegro».