Il pericoloso gioco del ciapa Europa no

La legge di bilancio entra nel vivo, la Banca d’Italia ha appena lanciato un appello sul debito e l’Italia deve inviare il suo piano strutturale a Bruxelles fra poche settimane.

Ma al meeting di Rimini non si parla di manovra: va in onda un ‘botta e risposta’ fra il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti e il Commissario Ue agli Affari economici Paolo Gentiloni sul Pnrr. “Potrei riempirvi di titoli di piani e progetti Pnrr sulla formazione che ricordano i piani quinquennali dell’Unione sovietica, scusate la battuta”, dice il ministro. Che poi rincara parlando del nuovo Patto Ue che costringe a un’ottica “di corto respiro” mentre invece secondo Gentiloni dà “l’impulso a lavorare sul medio e lungo periodo” con il debito dell’Italia che “a differenza di quello greco non ha ancora imboccato come deve imboccare nei prossimi dieci anni una via sicura di graduale riduzione”.

Ci prova, Gentiloni, a prendere alla larga le domande dei giornalisti sui tiri di fioretto del ministro con cui “la collaborazione è sempre stata ottima”. “Che il Pnrr sia fatto di interventi sovietici mi pare una battuta, del resto conosco bene il ministro Giorgetti e le sue battute”, prova a stemperare Gentiloni. Ma non riesce a schivare il merito degli argomenti sollevati da Giorgetti: con gli eurobond per finanziare il Pnrr l’Unione “ha attraversato il Rubicone” e con 190 miliardi di risorse “l’Italia ne é il principale beneficiario”.

Piuttosto – è la contro-frecciata di Gentiloni, il cui mandato scade fra poche settimane – “se non riuscissimo a spendere questi quattrini, attuare questi investimenti, allora ci sarebbe un problema di burocrazia, ma da parte nostra (delle autorità italiane, ndr), non da parte di chi ha immaginato i progetti, cioè i governi italiani e chi li ha autorizzati, cioè la Commissione Europea”. Il nuovo Patto Ue – replica poi Gentiloni – è “un piano pluriennale di quattro o addirittura sette anni che i diversi Paesi devono presentare alla Commissione nelle prossime settimane, cioè adesso. Quindi penso che sia una prospettiva di lungo periodo”. (ANSA.it)

Stupisce innanzitutto la superficialità con cui il ministro Giorgetti affronta una questione politico-economica epocale quale quella del Pnrr. In secondo luogo, pur sforzandomi di comprendere il ragionamento sotteso, non ho afferrato il senso del paragone fra l’attuale Piano nazionale di ripresa e resilienza e i passati piani quinquennali dell’Unione sovietica. Capisco una certa targata allergia storico-culturale al tentativo di pianificare l’economia, ma se proprio vogliamo fare un parallelo lo dovremmo fare tra Pnrr e piano Marshal del dopoguerra.

L’economia non deve essere calata dall’alto, ma non deve nemmeno essere subita dal basso. Nella testa di chi regge il Paese mi pare che tutto possa andare bene finché arrivano fondi da investire, ma, quando chi eroga questi fondi pretende giustamente di verificare come, quando e a favore di chi vengono utilizzati, cominciano le insofferenze.

La frecciata di Giorgetti è ignorante e inopportuna. A cosa voleva alludere? Al fatto che a livello europeo sia stata avviata una pur difficile e problematica collaborazione fra socialisti e popolari di stampo tardo-comunista (quando le destre sono in difficoltà, la buttano sull’anticomunismo, sta succedendo anche negli Usa, dove Trump accusa Kamala Harris di portare al fallimento l’economia americana sulla carrozza comunista), tagliando fuori le destre fra cui si colloca il partito del ministro dell’economia? Al fatto che esista il rischio dell’isolamento politico italiano (peraltro sembra più un auto-isolamento) e che tale isolamento possa ripercuotersi sui rapporti fra rigorismo Ue e “spendaccionismo” italiano? Al fatto che gli scheletri negli armadi italiani possano pesare di più di quelli dei partner europei? Al fatto che l’economia italiana, nonostante i tentativi dirigisti e burocratici della Ue, vada meglio di quella degli altri Paesi europei considerati virtuosi?

Una cosa è certa: quando si hanno code di paglia che si chiamano mafia, evasione fiscale, burocrazia, storica incapacità di utilizzare i fondi europei e patologica tendenza a sprecarli, non è proprio il caso di fare gli spiritosi e di buttarla in ridere. La battutina di Giorgetti ha fatto scalpore: speriamo non venga presa sul serio a livello europeo, perché potrebbe essere un guaio. D’altra parte la Lega ha brillato anche in passato per l’insolenza rivolta alla dirigenza Ue, persino a quella ben disposta verso l’Italia (tutti ricorderanno le stupide allusioni di Salvini all’alcolismo del lussemburghese Jean-Claude Juncker, che non mancava mai di dimostrare amicizia e disponibilità verso il nostro Paese).

In un certo senso bene ha fatto Paolo Gentiloni a sdrammatizzare questo corto-circuito dialettico, dimostrando apprezzabile serietà e grande senso di responsabilità (forse fin troppo…): speriamo che uguale lungimiranza abbiano i nostri interlocutori nella futura Commissione europea e che il futuro nostro rappresentante in seno ad essa (si parla con insistenza di Raffaele Fitto) usi uguale diplomazia. Non illudiamoci che le battute di Meloni, Salvini e Giorgetti vengano dimenticate: verranno al contrario memorizzate ed enfatizzate al momento opportuno.

Ci sono in ballo enormi interessi per l’Italia e speriamo proprio che i nostri attuali governanti la smettano di giocare a “ciapa Europa-no” e pensino, almeno un po’, alle future generazioni, lasciando perdere le future elezioni.