La situazione politica nel campo della sinistra italiana, a prescindere dai contenuti (e questo è già un controsenso, un’autentica bestemmia procedurale), è tormentata da due dubbi “atroci”: l’eventuale accoglienza da riservare al rientro a casa di Matteo Renzi e l’attenzione da riservare alla contesa pentastellata fra Grillo e Conte. Si tratta di due questioni anacronistiche.
Matteo Renzi ha incarnato una fase politica ormai morta e sepolta pur avendo suscitato a suo tempo qualche interesse (anche da parte del sottoscritto). Si è trattato di un’implosione dovuta sostanzialmente a due motivi: la mancanza di un gruppo dirigente, col ripiegamento su una selezione autoreferenziale, operata dal capo per garantirsi la comoda sopravvivenza; la mancanza di legami col territorio sostituiti da una visione centralistica e personalizzata. Una strategia che parte su questi binari morti non può che restringersi a tattica di brevissimo periodo anche se gonfiata e spinta al massimo della scommessa politico-istituzionale.
La rivoluzione grillina ha avuto un successo iniziale esagerato proveniente dall’antipolitica, che l’ha messa immediatamente alla prova governativa, miseramente fallita con ben due esperimenti di segno politico opposto: l’alleanza fra due antipolitiche che non poteva fare una politica; il rientro in una logica riformista che sapeva tanto di strumentale conversione. Del movimento cinque stelle rimangono le macerie, le ossa inaridite e nessuno sembra in grado di rivitalizzarle: Conte vivacchia a sinistra succhiando il sangue al PD, Grillo non sa che cazzo fare, ma cerca di dirlo bene.
Tutto qui. Siamo di fronte a cadaveri in cerca di rianimazione. Se il Pd vuole resistere e coltivare qualche prospettiva politica seria, ammesso e non concesso che ne abbia la capacità, non si deve assolutamente far imbrigliare in questi giochini. Elabori una strategia e poi chi ci sta ci sta. Non faccia prima la verifica degli aderenti al progetto per poi rimanere paralizzato dai veti e penalizzato nei voti. Non faccia i conti con le aprioristiche pretese di chi vuol soltanto riciclarsi e sfruttare le ruote altrui.
Io non ho ancora capito se Elly Schlein sia all’altezza del compito, ma certamente non si deve bloccare su Renzi e Conte, peraltro molto simili ai capponi di Renzo. Sono entrambi disperati e, come noto, salvare chi sta affogando è impresa assai rischiosa. Questi potenziali alleati non hanno storia, non hanno tradizione, non hanno collegamenti sociali, non hanno più voti, non hanno idee, non hanno prospettive.
È a dir poco patetico che alle feste dell’Unità si discuta sulla credibilità del ritorno di Renzi e sulla affidabilità di Conte (peraltro indebolito dagli attacchi grillini). Posso dire che il Pd è già di suo in gravi difficoltà, se proprio vuole andare in malora del tutto, presti attenzione a queste sirene del cosiddetto campo largo, laddove si potrà giocare in scioltezza ma in amichevole certezza di perdere.
Alle ultime elezioni politiche, perso per perso, valeva la pena provare qualche patto di desistenza. che magari avrebbe sortito qualche interessante effetto. Oggi siamo fuori tempo massimo. Lasciamo perdere e, se ci riusciamo, guardiamo avanti.