“Giovanni Toti ricattato dalla magistratura per avere la libertà in cambio delle dimissioni? Questa è un’accusa gravissima, ormai in questo Paese abbiamo perso il senso del peso delle parole. Chi evoca questi scenari con un tweet e poi se ne va a dormire, una qualche risposta la dovrebbe dare”. Così a In Onda (La7) Andrea Orlando, deputato del Pd ed ex ministro della Giustizia, commenta la vulgata diffusa da diversi quotidiani, da Libero al Giornale fino al Foglio, circa la revoca degli arresti domiciliari concessa all’ex presidente della Regione Liguria Giovanni Toti.
Orlando smonta la tesi delle suddette testate: “Se stanno così le cose, non si capisce perché il ministro della Giustizia non mandi gli ispettori. E se si pensa che la legge abbia questo elemento di distorsione, non si capisce neanche il motivo per cui la maggioranza parlamentare non intervenga sulla legge stessa. Lo stesso Toti non fa ricorso in Cassazione. Allora – continua – se ci fosse davvero un abnorme utilizzo della custodia cautelare, perché non si usano i rimedi costituzionali per poter incidere su questa vicenda? Se fossimo in un paese in cui la magistratura fa i golpe, allora dovremmo reagire. Chi ha in mano i rapporti di forza per poterlo fare, perché non lo fa? Gli strumenti ci sono”.
E rifila una finale bordata al Guardasigilli: “Nordio è venuto a rispondere in Parlamento che lui capisce Hegel ma non l’ordinanza di custodia cautelare per Toti. Se l’è cavata con una barzelletta. Tu invece dovevi dire se quell’ordinanza è secondo te abnorme o meno o se effettivamente viola i diritti di una persona che è stata eletta dai cittadini e che è stata costretta alle dimissioni. Io credo invece che la verità sia un’altra e un po’ meno complottista di questa: Toti è stato scaricato dalla sua maggioranza”.
Premetto che, umanamente parlando mi fa piacere che Giovanni Toti abbia riconquistato la libertà e gli auguro di riuscire a dimostrare la sua innocenza. Non ho mai provato né provo tuttora alcuna soddisfazione nel vedere i politici in manette o comunque in situazioni analoghe: capisco le tentazioni in cui possono cadere e quindi, pur considerando grave il loro comportamento a livello istituzionale, sono molto cauto nel buttare loro la croce addosso prima, durante e dopo i procedimenti giudiziari che li riguardano.
L’errore fondamentale commesso da Toti è stato quello di non rassegnare immediatamente le dimissioni da presidente della Liguria: non si trattava di ammissione di colpa, ma di correttezza istituzionale e di opportunità politica, nonché di migliore possibilità di difendersi durante le indagini.
Come ho già avuto modo di scrivere, l’insistenza della Magistratura nel negare la revoca della custodia cautelare faceva sorgere qualche dubbio a livello di accanimento giudiziario: un’impressione non suffragata da precise motivazioni di carattere legale, ma soltanto l’impressione che si stesse esagerando nel considerare possibile l’inquinamento delle prove e la reiterazione dei reati.
Il fatto che alle tardive dimissioni sia seguita la revoca della custodia cautelare insospettisce alquanto. Certamente Toti non potrà più commettere reati come presidente della Regione, ma la scansione temporale dei fatti alimenta il dubbio che l’insistenza della Magistratura abbia comportato il cedimento dell’interessato.
Lungi da me pensare che i Magistrati vogliano condizionare la politica nel suo corso, ma potrebbero essere un tantino più prudenti: non confondiamo infatti l’essere autonomi con l’essere prevenuti. Molti non aspettavano altro per lanciare strali maliziosi contro i giudici per squalificarne l’operato. Ho grande rispetto e non mi permetterei mai di lanciare accuse gravissime o insinuare dubbi distruttivi contro la Magistratura. Se tutti (compresa la stampa) fossero rigorosamente rispettosi dei propri limiti e onestamente riconoscessero i propri difetti, le cose andrebbero molto meglio.
Anche l’opposizione politico-parlamentare non è esente da colpe: non mi piace la strumentalizzazione delle difficoltà giudiziarie di chi detiene il potere, non posso soffrire chi vuole dare una spallata a chi è sul punto di cadere, infierire sulle pecche dell’avversario non è cosa seria.
Il governo non sta più nella pelle per assestare un colpo all’autonomia della Magistratura: il ministro della giustizia, pur tecnicamente competente (non è poco…) non riesce a fare sintesi ed è prigioniero della sua stessa mission politica fatta più di rivincita che di riforma.
Forse anche la maggioranza si è intestardita in una difesa aprioristica salvo poi magari scaricare il cadavere del sempre più indifendibile e ingombrante suo esponente di spicco. Toti lo poteva immaginare e non avrebbe dovuto contare su questo appoggio oltre modo ballerino.
La mia conclusione è che in questa vicenda fino ad oggi tutti abbiano le loro ragioni e i loro torti. Non so se le sentenze potranno riportare ordine nella situazione venutasi a creare. Temo che la prossima obbligatoria e ravvicinata consultazione elettorale finisca col celebrare un processo parallelo, con il centro-sinistra nei panni dell’accusa e il centro-destra in quelli della difesa: il tutto in un velenoso scambio di responsabilità penali più che politiche. Si cercherà disperatamente da una parte di dimostrare che non c’è nessuno senza peccato che possa scagliare la prima pietra, dall’altra parte si vorrà buttare via l’acqua sporca anche a costo di sacrificare qualche bambino.
Ne uscirà malissimo il rapporto fra cittadino e istituzioni. Non bastò tangentopoli a ripulire la politica, non basterà la telenovela politico-giudiziaria ligure a rimetterla nella giusta direzione. Resto fermo alla Costituzione laddove recita: “I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore”. Se non ripartiamo di lì…