Fuori le tette democratiche e dentro i coglioni repubblicani

«Yes, she can», cioè «Sì, lei può». Parla al cuore dell’America e alle orecchie del mondo l’endorsement da parte dell’ex presidente degli Stati Uniti Barack Obama nei confronti della candidata democratica alla presidenza Kamala Harris durante il discorso di chiusura del secondo giorno della convention nazionale del partito. «Sta tornando la speranza» gli ha fatto eco l’ex first lady Michelle: «L’America è pronta per un nuovo capitolo. L’America è pronta per una storia migliore. Siamo pronti per una presidente, Kamala Harris» ha detto Obama a una folla acclamante a Chicago.

Michelle e Barack, gli ospiti forse più attesi dell’appuntamento, si sono contesi la prima serata americana. E se lui, che ha già messo a disposizione di Harris il suo staff elettorale e presidenziale, ha avuto il posto d’onore, era per lei che ci si attendeva il massimo degli ascolti. Michelle, la vera star dei democratici, che ha rifiutato di candidarsi al posto di Biden quando le è stato proposto, aprendo la porta a Kamala, ha accettato di parlare nella sua città natale solo per Harris, alla quale è legata da vent’anni da una calorosa amicizia. Nella vicepresidente l’ex first lady vede una versione al femminile del marito, che come lei ha mosso i primi passi in politica a livello locale, lui in Illinois lei in California, con la stessa determinazione di scrivere una nuova pagina di storia americana. (dal Quotidiano “Avvenire” – Redazione esteri)

Finalmente! Era ora! Andrà come andrà, ma almeno chi doveva e poteva ha battuto un colpo verso un futuro un po’ più democratico degli Usa. In questo momento non mi interessano tanto le chance di successo di Kamala Harris, ma le spinte alla riscossa valoriale.

Alla convention democratica è suonata la sveglia, adesso tocca alla gente darsi una scrollata e alla dirigenza del partito trovare una coerente e credibile impennata. Speriamo che il tutto non finisca nel tritacarne mediatico sempre in agguato, nel gioco finanziario dei bussolotti, nella rissa trumpiana o nel perbenismo harrisiano. Trump non è il demonio (anche se, politicamente parlando, gli assomiglia), Kamala non è un angelo (anche se, politicamente parlando, ce ne sarebbe bisogno). In mezzo ci stanno gli americani (quasi impossibile capirli). Di fronte c’è il mondo (più incuriosito che interessato). Sullo sfondo le guerre (refrattarie ai cambiamenti politico-diplomatici). In attesa gli equilibri internazionali (le super-potenze tutto sommato guardano più alla certezza Trump che all’incognita Harris). In stretching passivo la Ue (vittima delle proprie debolezze). In delirio da tifoso rispolverato il sottoscritto (chi non salta trumpiano è!).

Sembra che in molti aspettassero una ventata di novità e che questo alito arrivi dalle donne è un gran bene: alla convention hanno trionfato loro. Speriamo che non si tratti di un fuoco di paglia pseudo-femminista e che le donne al potere non vogliano fare gli uomini.

Quanto a Donald Trump potrebbe anche valere la battuta del compianto giornalista Enzo Biagi allora riferita a Silvio Berlusconi e che potremmo oggi adattare così al tycoon americano: “Se avesse una puntina di seno, sarebbe anche tentato di fare la presidente donna o la donna presidente come dir si voglia”.