Le casematte del neofascismo

Con la locuzione “opposti estremismi” si indicò alla fine degli anni sessanta una particolare situazione politica italiana in cui gruppi extraparlamentari, genericamente di destra e di sinistra, si scontravano tra loro o avversavano le istituzioni dello Stato creando fatalmente i presupposti per l’insorgenza del terrorismo di matrice politica. La lettura contrapposta era detta «strategia della tensione» e sosteneva che, invece, i movimenti di destra agivano con lo scopo di portare a una svolta autoritaria: inoltre, la loro azione di destabilizzazione, effettuata tramite ampie stragi con alto numero di vittime e risonanza mediatica, avrebbe reso possibile l’emanazione di leggi repressive per fermare gli scioperi e le lotte operaie che caratterizzarono quegli anni. (da WikipediA)

Sono stanco di risentire la teoria degli “opposti estremismi”, riveduta e scorretta, nelle discussioni sulla violenza messa in atto dall’estremismo di destra, nostalgico e violento, fiancheggiatore più o meno evidente ed esplicito della destra politica al governo del Paese: faccio riferimento a CasaPound e ad una parte notevole di Gioventù Nazionale.

La menata sgattaiolante è infatti quella di contrapporre alla violenza di questi movimenti di destra quella dei Centri Sociali riferibili direttamente o indirettamente alla sinistra: della serie il nostro movimentismo era violento finché non abbiamo visto il vostro. Uno a uno, palla al centro e ognuno si faccia gli estremismi suoi.

Un centro sociale autogestito è una particolare tipologia di struttura autogestita e legata ad un network controculturale, spesso nata dopo l’occupazione di uno spazio pubblico o privato. Il centro sociale è tendenzialmente caratterizzato da proposte di natura sociale e politica nell’ambito del territorio locale. I servizi offerti da un centro sociale sono spesso determinati dalle necessità del quartiere e dalle possibilità e capacità offerte da chi vi partecipa. (da WikipediA)

C’è una differenza sostanziale fra CasaPound e Centri Sociali: la prima è collegata, dal punto di vista ideologico e comportamentale, allo squadrismo fascista e quindi in netta e sostanziale violazione della Costituzione e della legislazione che vieta la ricostituzione del partito fascista; i secondi sono movimenti che non hanno radici antidemocratiche, ma che possono scantonare, strada facendo, in manifestazioni di intolleranza e finanche di violenza contro i rappresentanti delle istituzioni, trasformando in nemici gli avversari politici.

Nella visione notturna della destra tutti i movimenti sono grigi e quindi sostanzialmente uguali: si annullano a vicenda, si legittimano reciprocamente e devono essere tutti tollerati o tutti criminalizzati. La destra ha i suoi violenti nell’armadio neofascista, la sinistra le sue simpatie per gli sfascia-carrozze socio-culturali.

Un’analisi manichea, inaccettabile e fuorviante. C’è una bella differenza fra il marciume proveniente dalle nostalgie fasciste, comprovato da recenti inchieste e da reiterate aggressioni nei confronti di chi osa curiosare in questo mondo maleodorante, e le eventuali intemperanze ai limiti della legalità di gruppi giovanili che protestano nelle università, nei quartieri e nei conflitti sociali. C’è una bella differenza fra chi inneggia al Duce e chi grida contro le malefatte del sistema. La violenza è sempre e comunque da rifiutare, con qualche se e qualche ma. La respingo nettamente e visceralmente se finalizzata alla pappagallesca riproposizione degli orrendi riti fascisti tutto sommato funzionali ad una politica di stampo reazionario; mi sforzo di comprenderne le ragioni se rivolta a protestare con veemenza contro le ingiustizie e le guerre.

Politicamente parlando, mentre non vedo alcun, anche minimo, legame trai i centri sociali e la sinistra, intravedo imbarazzati silenzi, pretestuosi ragionamenti, per non parlare di inconfessabili legami, delle destre al governo con il neofascismo di CasaPound e di Gioventù nazionale. Tanto per essere chiaro, non vedo code di paglia dietro il sedere di Elly Schlein, mentre le vedo dietro il passato e il presente di Giorgia Meloni, Ignazio La Russa e Isabella Rauti, rispettivamente presidente del Consiglio, presidente del Senato e sottosegretario al ministero della difesa.

Termino facendo riferimento al recente episodio torinese dell’aggressione ad un giornalista de La Stampa da parte di alcuni militanti di CasaPound e alle conseguenti dichiarazioni del sindaco Stefano Lo Russo.

«Quanto successo è una vergogna, sottovalutarlo sarebbe pericoloso. Sull’origine dei fatti, nessun dubbio: È stata un’intollerabile aggressione neofascista e tale va chiamata.  Askatasuna e No Tav non c’entrano niente. Chiamarlo in altro modo fa parte della dialettica politica, però chiamiamo le cose come stanno: una aggressione neofascista. E come tale perseguibile: ci sono leggi dello Stato. Siccome in questo Paese vige una Costituzione che fa esplicito richiamo alle nostre radici antifasciste, è bene che non si mescolino le violenze neofasciste con altre violenze. Abbiamo una Repubblica italiana fondata sull’antifascismo, e il 20 luglio dei fascisti hanno colpito un cittadino che incidentalmente fa anche il giornalista. Credo che Torino, medaglia d’oro per il suo contributo per la guerra al fascismo sulla base di giovani, morti per darci la libertà di parola in una democrazia, abbia dovere di alzarsi in piedi e dire che noi quelle robe lì a Torino non le vogliamo. Questi episodi non vanno sottovalutati, sono indice di una aggressività fuori da ogni tollerabilità nella nostra città. Auspico che tutte le forze politiche abbiano parole univoche di condanna e facciano tutto ciò in loro potere perché si possano evitare nuove azioni di questo genere».