Sull’autonomia differenziata l’equilibrio tra le forze di governo è saltato. Ieri il governatore della Calabria Roberto Occhiuto, vicesegretario di Forza Italia, è uscito definitivamente dal limbo e ha pronunciato parole che il partito non ha censurato, anzi. «Non ho pregiudizi sull’autonomia differenziata. Il ddl Calderoli, che non è uno “spacca Italia”, è stato migliorato grazie a FI, ma la legge andava maggiormente approfondita. Ci sono materie, come quelle non soggette ai Lep, per le quali si potrebbero fare subito intese. Su questi temi, invece, serve un surplus di riflessione per capire se ci possano essere ricadute negative per le Regioni del Sud». Occhiuto chiede dunque al governo una «moratoria». Ovvero: si evitino «intese con le Regioni, anche su materie non Lep, fino a quando non sarà superata la spesa storica». Sono parole che hanno il peso di chicchi di grandine sul governo.
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Trovare allo stato un tema su cui la maggioranza viaggi compatta è difficile. Non si diverge solo sulla posizione internazionale ed europea. Ci sono cumuli di dossier interni. Sulle carceri Forza Italia ha fatto passare il decreto ma annuncia un’iniziativa con i Radicali lunedì, per le ire della Lega. Il Carroccio si “vendica” sulla Rai. A fronte dell’ipotesi di andare in aula la settimana prossima per eleggere i componenti del Cda che spettano al Parlamento, il Carroccio fa sapere che potrebbe essere un «esercizio sterile» senza un «tavolo» sulla «nuova governance». E che dire ancora delle province. L’idea di farle tornare pienamente elettive è andata in stallo prima delle Europee, e così la Lega rilancia con una proposta di legge. La briga di replicare se la prende Fratelli d’Italia, rinviando il tema al Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali (Tuoel). E anche i capitoli formalmente chiusi, come quello sulle liste d’attesa in Sanità, vengono riaperti. «Io non sono così contenta di questo decreto – dice l’azzurra Licia Ronzulli -. Non è assolutamente un decreto risolutivo. È un provvedimento tampone». Si va così in ordine sparso che Matteo Renzi, ormai re-innestato nel centrosinistra, già vede il «voto anticipato» senza alcun passaggio “tecnico”. (dal quotidiano “Avvenire” – Marco Iasevoli)
Non credo si tratti di gufate antigovernative, di sinistri masochismi, di politicanti “cassandrate”. La situazione è incasinata e probabilmente stanno venendo al pettine i nodi fino ad ora coperti da accordi di potere, che cominciano a scricchiolare. Il potere infatti è una grande medicina a condizione che lo si sappia esercitare con cinica abilità, diversamente diventa benzina sul fuoco.
Il centro-destra sta dimostrando proprio di non avere la capacità di governare al di là delle sbruffonate istituzionali, delle invadenze mediatiche, dei propagandistici programmi elettorali, delle inimicizie onnicomprensive. Per governare occorrono i voti, ma innanzitutto bisogna esserne capaci.
Non so fino a quando questa maggioranza riuscirà a tenere botta: ho l’impressione che stia alzando l’asticella, che rilanci continuamente, sperando nell’indifferenza dei cittadini e nell’inconcludenza delle opposizioni.
Non ho molta fiducia nel campo largo del centro-sinistra: troppi tatticismi e poca lungimiranza politica. Fatto sta che appena si profila un’iniziativa politica seria, come il referendum contro l’autonomia differenziata, il governo comincia a traballare e a mostrare evidenti segni di debolezza. Se davanti ai cittadini vengono messi in bella evidenza i problemi reali e non le chiacchiere polemiche, penso che si sveglieranno dal sonno non tanto andando a votare, ma andando a protestare e contestare.
Anche la politica estera sbandierata dalla premier, che finora ha funzionato come foglia di fico per coprire la debolezza governativa, sta diventando un problematico banco di prova, tra le contraddizioni scoppiate a livello europeo e le incerte prospettive americane. Così come bastò (si fa per dire…) un complice sorrisetto fra Merkel e Sarkozy a mettere in disastrosa crisi il governo Berlusconi, un improvvisato e femminile asse politico tra Ursula e Kamala potrebbe togliere la terra da sotto i piedi al governo Meloni. A quel punto non rimarrebbe altro che salire su un altro inquietante treno, quello di Trump e Orban. Dio ce ne scampi e liberi!