Come era facilmente prevedibile Sergio Mattarella nel suo discorso di fine anno di altissimo profilo morale e sociale non ha fatto riferimento al mondo della “politica” e conseguentemente non ha fatto alcun cenno all’eventuale riforma costituzionale in chiave presidenzialista (premier o capo dello Stato eletto direttamente dal popolo).
Troppo corretto e leale per lasciarsi trascinare in una bagarre istituzionale che lo vedrebbe comunque coinvolto: lo si potrebbe considerare infatti condizionato dall’interesse personale a mantenere intatta la propria carica a livello di poteri e di elezione. Ben altra eleganza e riservatezza rispetto a Giorgia Meloni che punta chiaramente a rafforzare i propri poteri ed a sfruttare l’onda dei consensi per una conferma col botto.
Sono convinto che il primo obiettivo dell’attuale maggioranza politica sia quello di sbarazzarsi di Sergio Mattarella, il vero e unico contraltare istituzionale e politico rispetto al governo, a cui l’opposizione fa solo il solletico, il sindacato fa solo stucchevole contrapposizione piazzaiola (senza piazza), l’Europa manda profumi, gli Usa riservano balocchi.
E allora cosa vuole questo ingombrante Mattarella? Facciamolo fuori alla svelta e in modo subdolo, perché gode di un certo seguito popolare. Teniamolo sulla corda rendendo precaria la sua situazione, logoriamolo a dovere sfruttando la sua innata ritrosia. Mantenerlo in carica fino alla scadenza del suo secondo settennato potrebbe essere estremamente pericoloso per la stima di cui gode a tutti i livelli, in Italia e all’estero, e per la capacità di ergersi a custode della Carta costituzionale.
I cittadini l’avranno capito? Quando si dà loro una scheda per votare, perdono la testa: le elezioni del post governo Draghi sono lì a dimostrarlo. Facciamo loro credere che contano, che decidono, che sono i protagonisti: per dirla con De Rita, i “casalinghi guardoni” abboccheranno e dimenticheranno facilmente meriti e competenze del capo dello Stato.
IL silenzio di Mattarella è troppo dorato per essere capito ed apprezzato, troppo assordante per essere ascoltato, troppo serio per essere compreso. D’altra parte in questa società dove prevale chi grida di più, forse l’unico modo per distinguersi è tacere.
Mio padre non era ambizioso, si accontentava dei risultati raggiunti con onestà e laboriosità, non recriminava, non invidiava nessuno, sapeva godere delle piccole (grandi) soddisfazioni della vita. Di fronte a certe carriere fulminanti, senza scandalizzarsi e senza particolare acredine, commentava così: «In-t-la vitta pr’andär avanti, purtróp, bizoggna lavorär äd gòmmod…Mi an sariss miga bón äd färol». Quando qualcuno si pavoneggiava e si dava un contegno, tenendo, come si suol dire, su le carte, ammetteva sconsolatamente: «L’importansa s’a t’ spét ch’ a t’ la daga chiätor…bizoggna ch’a te tla dàgh da ti».
A lui piacerebbe molto Sergio Mattarella, anche se tremerebbe alla quasi scontata eventualità che lo volessero far fuori. Tremo anch’io, anche se ammiro il suo silenzioso coraggio per resistere alle varie derive e rispettare ed aiutare le persone che vengono prima dello Stato (detto dal Capo dello Stato fa un certo, oserei dire commovente, scalpore).